LE LINEE GUIDA A FIRMA AZZOLINA, “Arrangiatevi!”

Il progetto di rinnovamento e il piano per il rientro a scuola a settembre tanto strombazzati nella conferenza stampa del 26 giugno u. s. tenuta dal ministro dell’istruzione, affiancata dal presidente del consiglio dei ministri, è solo propaganda politica e pure di bassa lega; intanto a differenza da quanto anticipato dal presidente Conte stesso la conferenza stampa non chiarisce nulla delle linee guide per il rientro a scuola il prossimo primo settembre, ma soprattutto si tratta di parole vuote che evidenziano una totale assenza di visione a lungo termine del sistema di istruzione e della scuola in particolare, da parte di questo governo che, tutto sommato, ha gestito l’emergenza sanitaria nei limiti del possibile tenuto conto della sua eccezionalità.

A meno che non si vogliano considerare i sogni, l’amore e le emozioni declamati dal ministro come un progetto politico penta-stellato.

Non si intende qui esporre critiche ideologiche ma è proprio nel merito di ciò che è stato detto e scritto che si evince la pochezza politica. Vediamo perché, innanzitutto annunciare in pompa magna che il ministro è ora in grado di stabilire con contezza di quali spazi dispone nelle scuole di tutta Italia per conoscere esattamente il numero di studenti che gli istituti possono ospitare giornalmente grazie ad un software creato appositamente per lo scopo è davvero incredibile. Servivano veramente 100 esperti nelle varie task force pagati dai contribuenti per ottenere un simile risultato? E tuttavia, nonostante il meraviglioso software appena creato, la soluzione proposta, come vedremo, è disarmante.

http://www.acantho.it

Ma andiamo con ordine e partiamo dall’ultimo atto ufficiale e messo nero su bianco: le linee guide del ministero della pubblica istruzione per il rientro il prossimo primo settembre.

Si dirà che noi docenti non siamo mai contenti e ci lamentiamo sempre, sui social imperversa l’ironia e il tutto è stato riassunto con un laconico, quanto efficacissimo “arrangiatevi”; può darsi che sia vero, che noi si sappia solo lamentarci, però per giudicare se effettivamente i nostri sono solo semplici lamenti, cui ormai siamo fin troppo avvezzi, vediamo prima cosa riteniamo non funzioni.

Innanzitutto ciò che non convince parte da questa citazione tratta dal documento (p.3):

una riflessione organizzativa e didattica in grado, come si è detto, di non disperdere quanto le scuole sono riuscite a mettere in atto, valorizzando gli ambiti dell’autonomia scolastica e fornendo loro spazi di coordinamento finalizzati a coinvolgere i diversi attori in un rinnovato patto di corresponsabilità educativa.

Non convince perché, ancora una volta il ministero delega ad altri le proprie responsabilità, in questo caso specifico, agli enti locali; più avanti nel documento, sempre a p. 3, si legge che il ministero:

promuove e cura un sistema di coordinamento, a livello nazionale e
periferico, con gli Enti Locali, le autonomie territoriali, le parti sociali, le istituzioni scolastiche, e tutti gli autori istituzionali coinvolti nell’ambito del sistema di istruzione e formazione.

e continua asserendo che il ministero “proseguirà il proficuo lavoro già avviato di (…) Cabina di Regia”. In parole povere ci dice che tutto sarà affidato alle disponibilità e le forze presenti sul territorio, da qui appunto quell’arrangiatevi, dimenticando evidentemente, il caos anarcoide che durante i mesi di emergenza sanitaria si è creato proprio perché gli istituti scolastici sono stati lasciati soli in nome dell’autonomia, ecco si sta ripetendo lo stesso scenario, per usare un termine tanto caro a Lucia Azzolina, senza tener conto del fatto che non tutte le zone del paese sono attrezzati allo stesso modo né dispongono delle medesime infrastrutture necessarie per far fronte a tutte le criticità presenti.

Eppure per il ministro si tratta di fornire ai singoli istituti la “cassetta degli attrezzi” per rispondere e trovare soluzioni adeguate caso per caso, perciò il cruscotto (il famosissimo software di cui sopra), citato a p. 4 servirà, segnalando in “rosso” gli spazi insufficienti, secondo il comitato tecnico scientifico, per la prevenzione del contagio, ovvero quelli consentiti sono di un metro fra le rime buccali degli alunni, p. 5; non un metro quadrato, si badi bene, bensì un metro lineare fra una bocca e l’altra. E quindi, che significa? Li leghiamo alle sedie onde evitare che si spostino riducendo il metro di distanza di sicurezza consentita fra le loro bocche?

Ma la complessiva assenza di consapevolezza che si evince da questo documento (ma ci hanno lavorato davvero tutti e 100 esperti?) è sottolineata anche dal fatto che ci sono già leggi che prevedono uno spazio minimo per alunno di ben 1,96 mq, pur con le dovute deroghe, stabilendo quindi una capienza massima per aula di 26 alunni, eh ma vuoi mettere la precisione data dal “cruscotto”? Non è certo il comitato tecnico scientifico tenuto a sapere di norme precedenti e di ordine superiore, ma il ministro forse sì. Quindi, già allo stato attuale tutte le scuole d’Italia sono fuori norma e queste disposizioni non fanno che aggravare la situazione, a quanto pare le leggi e l’ordine delle fonti in Italia hanno poca importanza e rilevanza.

Tra le altre cose il metro lineare fra una bocca e l’altra lascia comunque fuori dalla porta delle aule il 15% degli alunni che Lucia Azzolina, durante la conferenza stampa, dice di dover portare fuori, lei deve portarli fuori?!? Come e chi dovrà assumersi la responsabilità penale di tali spostamenti non lo dice, ma ovviamente è sottinteso che si riferisce ai docenti, mai nominati; quindi portiamo gli studenti fuori per far loro “respirare cultura” nei cinema, nei teatri, nei musei, negli archivi perché lei “sogna” una scuola aperta, moderna e innovativa (e nei centri dove non esistono cinema, teatri e musei che facciamo? Dove gliela facciamo respirare la cultura? Ah, sì certo, tempo permettendo, nei parchi, a contatto con la natura). Che tipo di didattica si farà in questi luoghi dove poter “respirare cultura”, boh, non si sa, però perdindirindina “basta con la classe tradizionale” vecchia di cinquanta anni e più, ma sì dai, bisogna invece creare nuovi ambienti di apprendimento con banchi nuovi e qui non si frena più, infatti elogia l’istituto tecnico Majorana di Brindisi il cui dirigente è un consulente ministeriale e però lei “ha” una scuola in un appartamento a Scampia!

In un appartamento, presidente; e nel frattempo ride, come per dire vedi mò che problemi ho!

Banchi nuovi
http://www.ashoka.org

Inutile dire che da Scampia si sono levate gride di proteste per quell’affermazione. Sono seguite le scuse, no, non è a Scampia, è da un’altra parte; il punto però è che evidentemente c’è una scuola in un appartamento e allora come poter pensare di continuare con l’autonomia scolastica che non può fornire le risposte necessarie per mancanza di strutture, di mezzi e strumenti; se una scuola è in un appartamento l’edilizia leggera (spostare una finestra, aprire un’ala della scuola chiusa, parole sue, del ministro, eh) non può essere una soluzione. Le soluzioni sono altre.

https://twitter.com/lavoceinfo/status/1200685898251325440?lang=ca

Ma tornando al documento in esso si prefigurano altri danni quali ad esempio quelli elencati a p. 6 sotto al titolo, “Valorizzazione delle forme di flessibilità derivanti dall’autonomia scolastica”:

  • riconfigurazione del gruppo classe in più gruppi di apprendimento (tradotto: smembriamo pure la classe e con essa quel senso di comunità che però viene ripreso in tutt’altro contesto, come vedremo)
  • l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti da altre classi o anni di corso (in base a cosa? Ad un ritorno al passato con le classi differenziali di gentiliana memoria? per livelli di apprendimento? Per classi sociali, come? Se la vedano i dirigenti)
  • una frequenza scolastica in turni differenziati (e però in conferenza stampa ha negato di aver mai parlato di sdoppiare le classi o di fare i doppi turni, e allora “turni differenziati” che significa? E ai trasporti chi ci pensa? L’assessore ai trasporti pubblici, che domande!)
  • per la secondaria di secondo grado pensare di attuare didattica in presenza e didattica a distanza (in effetti, siccome ha funzionato alla grande e non ha lasciato fuori nessuno e non ha incrementato le disuguaglianze, continuiamo pure su questa strada lastricata d’oro)
  • l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari (via i contenuti, via le discipline, il primo che capita insegna quello che viene prima; facciamo i moduli e diamo vita alla didattica per competenze, non è quello che vuole da anni e ordina imperiosa l’ANP insieme alla fondazione Agnelli – leggi Confindustria -? Eccoli serviti, del resto agli ordini si ubbidisce)
  • una diversa modulazione settimanale del tempo scuola (iniziamo le lezioni alle 07:30 del mattino, e perché non alle sei?)

Ed ecco la chiosa finale:

Le istituzioni scolastiche avranno cura di garantire, a ciascun alunno, la medesima offerta formativa, ferma restando l’opportunità di adottare soluzioni organizzative differenti, per realizzare attività educative o formative parallele o alternative alla didattica tradizionale.

Insomma e appunto, arrangiatevi!

Ma l’incubo continua, infatti se tutto ciò non bastasse a condannare la scuola pubblica e statale alla sua totale inefficacia dal punto di vista dell’istruzione, a p. 7 e sotto il titolo, “Tra sussidiarietà e corresponsabilità educativa: il ruolo delle comunità territoriali per la ripresa delle attività scolastiche”, dopo aver fatto appello all’assistenza della protezione civile per garantire il rispetto dei protocolli sanitari e quindi coadiuvare le scuole nello scaglionamento delle entrate e uscite, ora si appella ai “patti educativi di comunità” per cui le scuole dovrebbero, secondo il ministro, stipulare accordi con il terzo settore del volontariato, però attenti: “ferma restando la disponibilità di adeguate risorse finanziarie” eh, mica ci sono soldi da spendere; d’altra parte i volontari non si pagano; cosa dovrebbero fare e con quali competenze? Beh, innanzitutto:

sostenere le autonomie scolastiche, tenuto conto delle diverse condizioni e criticità di ciascuna, nella costruzione delle collaborazioni con i diversi attori territoriali che possono concorrere all’arricchimento dell’offerta educativa, individuando finalità, ruoli e compiti di ciascuno sulla base delle risorse disponibili.

Quindi un bel mix di sussidiarietà orizzontale (gli enti locali) e verticale (il contributo dei cittadini), e lo stato? Suvvia, come siamo antichi, lo stato organizza, coordina e gestisce la cabina di regia, tutti gli altri vengono delegati dallo stato a fare il lavoro, sempre e comunque “sulla base delle risorse disponibili”, chissà perché torna sempre in mente l’ormai famoso “arrangiatevi”.

Ne consiglio la lettura di questo documento, è istruttivo e illuminante; la conclusione che ne ho tratto io è che questo governo e questo ministro, a dispetto delle parole dette in conferenza stampa da entrambi sulle odiose classi pollaio da eliminare, ha adottato una politica in piena continuità con il passato con l’aggravante che Lucia Azzolina, come più volte sottolineato in vari altri post precedenti rifiuta recisamente ogni responsabilità politica e inoltre, con il suo operato tradisce quello che fu il grande cavallo di battaglia nella campagna elettorale del movimento cinque stelle, ovvero lo smantellamento della L. 107/15 voluta da Renzi, ora trasformatosi in cavallo di troia per cosa? Quali sono gli scopi perseguiti dal ministro?

Ci sono momenti in cui è molto meglio ammettere che non si può far finta di niente e che non tutto può essere sotto controllo sempre. Indubbiamente l’attuale ministro e con lei il governo nel suo insieme si sono ritrovati a gestire una situazione inedita ed epocale, indubbiamente la confusione è stata enorme, ma ciò che da mesi si lamenta è che è mancata totalmente una visione di scuola, una visione di istruzione pubblica.

Ciò che si contesta al ministro, lo ribadiamo, è l’assenza di visione politica a lungo termine e l’assoluta mancanza di qualsivoglia assunzione di responsabilità. Ha creato solo confusione con le sue innumerevoli dichiarazioni puntualmente smentite, c’era incertezza in tutta la situazione, certo, tuttavia non si governa l’incertezza creandone altra. Ricordate i vari messaggi: “l’anno scolastico sarà valido per tutti” e successivamente, “anzi no, si valuta con voti formativi e non sommativi” e subito dopo, “tutti promossi” ma il giorno dopo “facciamo che gli otto sono otto e i quattro sono quattro”? Questo è stato l’approccio ondivago su ogni singola questione. La DaD fatevela come volete, i ragazzi esclusi, mai menzionati, il divario socioculturale e cos’è (poi però si lamenta con sufficienza di “avere” scuole in appartamenti, ma va’)? L’obbligo inesistente per gli studenti di partecipare, ma lei impone la valutazione fregandosene delle leggi, dell’ordine delle fonti, l’abbiamo già detto? Evidentemente però giova ripeterlo.

Deve gestire un’epidemia, concertare gli interventi con altre forze politiche e le parti sociali? Questo fa un ministro, lei però ha scelto di soddisfare tutte le richieste (ordini) dei vari stakeholder sul territorio e non, regioni e partiti politici, come Italia Viva che della 107/15 ha fatto il suo stendardo, avete notato che rivendica quella legge più di tutti gli altri provvedimenti scellerati adottati, tipo l’abolizione dell’art. 18? E infatti l’attuale ministro ha rafforzato in tutti i suoi aspetti proprio la 107/15 incrementando a dismisura i poteri dei dirigenti e delegando a loro tutte le responsabilità connesse alla gestione del contagio e della sicurezza sanitaria. Sorge il dubbio che la scuola sia l’agnello sacrificale per evitare che Italia Viva tolga la fiducia al governo, può essere?

Tuttavia, se il governo avesse avuto un’idea chiara, se la scuola pubblica statale fosse stata una priorità, se il suo valore intrinseco per lo sviluppo del paese fosse stato in cima ai punti politici da realizzare da questo governo sin dall’inizio e al di là della pandemia che lo ha colto di sorpresa la reazione sarebbe stata diversa.

Se la condizione della sanità pubblica è parsa subito critica e ha dato lo sprone per rivedere politiche di tagli cospicui a favore dei privati, ha indotto anche l’opinione pubblica ad interrogarsi sul da farsi per il futuro e si sta discutendo su come rimettere al centro della politica il sistema sanitario pubblico perché gli effetti devastanti sono sotto gli occhi di tutti, perché sono stati sin dal primo giorno la preoccupazione principale in quanto strettamente legati alla vita delle persone affette da Covid-19; per l’istruzione gli effetti prodotti dalla pandemia sono al di là da venire.

http://www.devinterface.com

Come sempre accade per la scuola e per l’istruzione i danni prodotti o i benefici ottenuti si possono registrare solo dopo anni, nell’immediato sembra che nulla cambi, poi però ci lamentiamo della scarsa preparazione degli studenti. E cionondimeno anziché riflettere su ciò che è stato, su come si è arrivati a questo punto, anziché fare bilanci doverosi circa le numerose riforme degli ultimi venticinque anni la ricetta che si adotta è sempre la stessa, è fallimentare come si può constatare, ma si procede su questa via: tagli di fondi pubblici, riduzione di organico, marcata autonomia che, tradotto vuol dire consegnarsi al “far west”, trasformazione progressiva e sempre più spinta della scuola in azienda che deve produrre applicando i concetti di costi-benefici e rendicontazione.

Riassumendo: la didattica a distanza è stata un fallimento anche per il modo approssimativo, improvvisato e anarchico con cui è stata adottata e incentivata dall’alto; ha creato più problemi di quanti ne abbia risolto: stress, fatica per tutti, incremento delle discriminazioni e scarsi livelli di apprendimento; l’esame di stato si è rivelato una farsa e per nulla serio come avrebbe voluto il ministro ma ciò anche grazie alle sue trovate eccentriche; gli studenti hanno subìto pure problemi di ansia e di malessere diffuso; infine i rapporti tra dirigenti e docenti si sono inaspriti ulteriormente, il che è davvero tutto dire.

Tutto ciò che è stato in questi mesi, dunque, avrebbe dovuto indurre il governo a trovare soluzioni più adeguate per il rientro a settembre. Le proposte più condivise in maniera trasversale da parte di tutti gli attori coinvolti (docenti, famiglie e studenti) sono state:

  1. riduzione del numero degli studenti per classe e quindi abolizione delle classi cosiddette “pollaio” (una riduzione vera però e non solo annunciata millantando una soluzione che non ci sarà a settembre, come annunciato in conferenza stampa, perché gli uffici scolastici regionali stanno già predisponendo gli stessi numeri degli anni precedenti per la formazione delle classi, quando pensa Azzolina di informarli che per settembre vanno rivisti?) ;
  2. aumento dell’organico e nuove assunzioni ATA per far fronte al perdurante pericolo di contagio che non si ritiene possa essere debellato del tutto entro settembre (ripetiamo: assunzioni vere e non le solite supplenze tappa-buchi, che se va bene arrivano a novembre);
  3. reperimento di edifici dismessi e adeguamento per le funzioni scolastiche, investimenti nell’edilizia scolastica a risparmio energetico (quest’ultimo punto favorirebbe anche la ripresa del settore edile e creerebbe posti di lavoro oltre a favorire uno sviluppo in ottica di new green deal; hanno detto, in conferenza stampa, che i fondi sono stati già stanziati sia per l’edilizia leggera – le finestre da spostare – sia per la manutenzione ordinaria affidata ai dirigenti, sia per l’edilizia vera e propria, vedremo);
  4. eliminazione del PCTO (già alternanza scuola-lavoro) e di tutte le attività extra curricolari per consentire agli studenti di recuperare serenamente gli apprendimenti e gli obiettivi non conseguiti durante l’emergenza sanitaria;
  5. il superamento dell’autonomia scolastica che, a cascata si porterebbe dietro l’eliminazione di tutte le (schi)forme che, negli anni successivi e in modo del tutto trasversale, i vari governi che si sono succeduti hanno varato;
  6. un protocollo di sicurezza sanitaria uguale per tutti gli istituti scolastici del paese tenendo anche conto delle diverse esigenze degli studenti su base anagrafica.

E’ evidente che servirebbe la volontà politica innanzitutto e quella visione di cui sopra perché attuare queste misure significa investire somme ingenti nel comparto scuola. E smettiamola di dire che soldi non ce n’è perché, appunto, si tratta di volontà politica, ed è ciò che manca. Sarebbe già qulacosa, per esempio, quanto meno restituire il maltolto, ovvero quegli otto/nove miliardi sottratti da Tremonti complice il già ministro Gelmini.

Se è vero che Lucia Azzolina e Giuseppe Conte vedono la scuola come presidio di legalità, come pilastro per un’Italia più moderna, sicura e digitalizzata; se è vero che entrambi vogliono contrastare la povertà educativa, la dispersione scolastica, se è vero che vogliono attuare, dunque, l’art. 3 della Costituzione, devono trovare i soldi e nel frattempo magari smettere possibilmente di diffondere falsità, non solo quella di Scampia che è falsa a metà (falso il luogo ma non la reale condizione), ma anche quella del taglio del cuneo fiscale che porterà più soldi nelle buste paghe, ma di tutti i dipendenti, e che non è affatto un aumento per i docenti grazie al merito del ministro della pubblica istruzione. Ne va della credibilità.

Non vuole critiche? E allora inizi ad assumersi le responsabilità politiche che competono al suo ruolo di ministro della Repubblica riportando lo stato a gestire tutto ciò che è inerente alla scuola, può ancora farcela, se vuole.

Images taken from Google Search

© L. R. Capuana

2 Replies to “LE LINEE GUIDA A FIRMA AZZOLINA, “Arrangiatevi!””

  1. Concordo con tutto, ma bisognerebbe anche spendere qualche parola per i tutti quei sventurati presidi che si lamentano in continuazione perché si devono prendere un sacco di responsabilità poverini, (a fronte del loro “misero stipendio”) e non sanno come fare, accipicchia, e piangono dall’alba al tramonto dicendo che “la scuola non appartiene ai presidi” come declama (udite, udite) l’ANP.
    Ho visto nella mia vita tanti presidi lamentarsi della brutta vita che fanno ma nessuno di loro ha mai voluto dimettersi e ritornare a fare il semplice insegnante, chissà perché…

    1. Un riferimento all’ANP come portavoce della Fondazione Agnelli e Confindustria nell’articolo c’è 🙂

Leave a Reply