Banchi con le rotelle e didattica innovativa

Potrebbe essere che dibattere sui banchi monoposto dotati di rotelle sia utile per spostare l’attenzione dalle questioni vere, come la riapertura delle scuole in sicurezza a settembre; e potrebbe essere che far parlare di banchi-girelli serva anche a mascherare la scelta del ministero di esternalizzare la didattica ai colossi mondiali che hanno già messo le mani sull’istruzione pubblica pre-confezionando prodotti “didattici” omologanti che ingabbiano la libertà di insegnamento e annullano lo sviluppo del pensiero critico?

Potrebbe essere, anzi lo è.

Spostare l’attenzione dalle questioni serie al dibattito dell’assurdo: l’autoscontro a scuola

Il dubbio che lo scopo di tante discussioni sull’opportunità o meno di fornire agli istituti scolastici i banchi monoposto con le ruote sia un’arma di distrazione di massa, mi sembra abbastanza fondato. Alimentare il dibattito, o per meglio dire la polemica, con interviste televisive, comunicati sui social e qualsiasi altra cosa possa tenerlo vivo pur di non far emergere le scelte decisive che il ministero sta effettuando in queste settimane.

Infatti, mentre tutti perdiamo tempo e sprechiamo energie per capire in che modo questi banchi monoposto con le rotelle possano essere funzionali per una didattica innovativa, al ministero hanno già avviato cambiamenti di non poco conto che interesseranno anche la tutela della privacy di chi a scuola lavora e di chi della scuola ha bisogno. Tra le prime novità c’è la migrazione degli indirizzi email istituzionali di docenti, dirigenti e ATA che si appoggeranno d’ora in poi sull’infrastruttura Aruba, gestita da Office 365 proprietà di Microsoft, ovvero anche una piattaforma di didattica digitale integrata. E’ un caso? Per quale ragione? Non si sa, non si parla di queste scelte che dovrebbero interessare e far rizzare i capelli in testa a docenti e genitori.

Sugli aspetti più tecnici che interessano questa scelta è bene lasciare la parola ad altri più esperti di me, mi riferisco ai costi per il ministero – si parla di circa 5€ al mese per ogni account, moltiplicati per i milioni di account di docenti e studenti, è una cifra considerevole – costi che invece, rivolgendosi al mondo del software libero italiano e open source lo stato italiano potrebbe risparmiare, peraltro garantendo maggiore sicurezza per la tutela dei dati personali di questa moltitudine di utenti, sicurezza affatto tutelata dalle multinazionali straniere che usano, al contrario, i dati personali come Big Data per profitti ulteriori; quello che mi pare interessante sottolineare è che con questa scelta il ministero stia volontariamente e sciaguratamente consegnando in mano ai privati un settore molto delicato come l’istruzione pubblica e statale, ma ciò che si tace, tra gli altri aspetti importanti, è che questo colosso privato, Office 365, sarà proprietario anche dei materiali prodotti dai docenti e condivisi su quella piattaforma, oltre ad avere il monopolio sulle proposte didattiche messe a disposizione dei docenti per utilizzare la didattica digitale integrata. In pratica ruberanno le idee, i lavori che noi realizziamo e ci faranno profitti e noi, noi niente; lavoreremo ancora e come sempre senza retribuzione, senza compensi aggiuntivi.

E ciò che fa specie è che professionisti quali dovremmo essere, non ce ne rendiamo nemmeno conto.

Banchi nuovi
https://www.ashoka.org/it/storia/viaggio-nelle-scuole-changemaker-italiane-iiss-majorana-di-brindisi

Scenari possibili

Tuttavia volendo assecondare il dibattito dell’assurdo e volendo pensare per un attimo che una diversa seduta può effettivamente essere più coinvolgente e quindi motivare maggiormente anche i discenti più svogliati, come può questa diversa disposizione degli arredi assicurare un rientro a scuola a settembre in sicurezza per tutti gli interessati?

Se il numero degli studenti per classe rimane invariato rispetto agli anni precedenti non sarà possibile garantire spazi idonei perché ciascuno di noi possa rispettare e far proprie le raccomandazioni di cui tutti siamo a conoscenza per contenere il contagio. Se non si aumentano i mezzi pubblici che sono generalmente sovra-affollati, non saremo in grado di mantenere le distanze, si è, infatti, solitamente stipati come sardine. Suggerimenti e idee su come riaprire le scuole ne ho già fornito, nel mio piccolo, qui. Che non si dica che si critica senza fare proposte.

Pertanto meglio mettere da parte questo discorso, una volta di più, dunque, sembra sempre più probabile che la questione “banchi” sia solo un’arma di distrazione di massa, oltretutto svariati produttori hanno già fatto sapere che per settembre è impossibile soddisfare la commessa avanzata dal ministero tramite appalto. A quanto pare perciò non se ne farà nulla.

E allora di che stiamo parlando realmente? Stiamo parlando del nulla mentre dovremmo parlare della didattica digitale integrata fornita, e pagata da noi contribuenti profumatamente, da una multinazionale che ha come fine principale: fatturare utile; in poche parole lo stato italiano per tramite del suo ministero dell’istruzione sta realizzando una parte del sogno neoliberista. Privatizzare l’istruzione.

Le grandi cose partono da piccole idee, si dice. Ecco, nell’immagine sottostante una scuola privata, rigorosamente per ricchi. C’erano dubbi?

http://espresso.repubblica.it/visioni/2019/01/16/news/scuola-ricchi-40-mila-euro-1.330551

Scuola in presenza vs didattica a distanza

Se una cosa si è imparata durante la pandemia e la chiusura totale è che, per quanto riguarda la scuola, la didattica a distanza è una misura tampone che può tornare utile per brevi periodi di emergenza, ma che non è adatta per impartire una vera istruzione (penso specialmente alle fasce d’età che vanno dall’infanzia al primo biennio della secondaria di secondo grado) e, soprattutto, che accresce il divario socio-economico e, ancor più grave, quello socio-culturale.

Mi guarderò bene dal fare qui l’apologia della scuola in presenza come fonte primaria di relazione sociale, anche le relazioni sociali hanno i loro aspetti negativi e focalizzare tutta l’attenzione dell’importanza della scuola in presenza sulla scuola che è relazione si rischia di scadere nella retorica. Mi limito ad osservare solo che la scuola in presenza è anche relazione, ma non solo. Sul “non solo” ciascuno può aggiungere ciò che ritiene più proficuo per la crescita dell’individuo, in quanto gli elementi positivi che possono rappresentarlo sono davvero tanti e diversi per ciascuno.

Del resto l’istruzione online è un’altra cosa; si fa già da tempo e si è dimostrata utile per gli studenti adulti, gli studenti lavoratori per i quali i benefici sono più di tipo logistico, pratico e fanno loro risparmiare tempo ed energie fisiche e mentali; tuttavia è evidente che la maturità e la motivazione di questi soggetti è ben diversa rispetto a quelle di un adolescente o di uno studente a tempo pieno. Quindi, un’altra cosa del tutto.

Va da sé che la priorità dovrebbe essere trovare soluzioni praticabili per riaprire le scuole in presenza e in sicurezza; i banchi “avanguardisti” con le rotelle non sono la risposta e mi pare incredibile che possano pensare che noi si creda ai loro sproloqui. I girelli sono invece un pretesto per non affrontare nel dibattito pubblico le criticità del sistema, perciò si fa discutere di niente mentre si prospettano, per la scuola, tempi ancora più bui di quelli dei mesi scorsi; i banchi e le rime buccali, i banchi e la didattica innovativa sono dunque una colossale presa in giro per tenere l’opinione pubblica occupata e lo si fa sfruttando termini ormai di senso comune, benché distorto, e la mistificazioni della realtà.

La didattica per competenza e il futuro della scuola

Siamo oramai ben consapevoli che qualsiasi discorso sull’istruzione è preso in considerazione dai mezzi di informazione più diffusi solo se contiene certe parole chiave, necessarie per attirare l’attenzione, perché, come si sa, il settore dell’istruzione è appetibile a chi fa affari di un certo livello ed è stato in grado di spostare quell’attenzione su un terreno di interesse primario: quello economico. Le parole che funzionano anche per quanto riguarda gli algoritmi dei motori di ricerca online sono: innovazione e competenze.

Se ci sono questi due termini i motori di ricerca piazzano qualsiasi articolo online in cima ai risultati.

Tuttavia l’argomento è vario quanto pieno di contraddizioni e confusione e se ne discute da anni; l’ambigua espressione: “didattica per competenze” è stata inserita nelle linee guide ministeriali, subisce una sovraesposizione nei documenti ufficiali, nei PTOF delle scuole, nei testi di pedagogia, nei libri di testo, nei discorsi di genitori e studenti, ma cosa sia nel concreto rimane sostanzialmente un mistero.

Non sarò certo io a svelare l’arcano che impegna esperti di ogni sorta, però nel semplice tentativo di farmi un’idea personale sono partita da una ricerca facile facile, basica direi; sono andata a cercare la definizione del termine competenza:

Definizione di competenza - vocabolario Treccani
http://www.treccani.it/vocabolario/competenza/

In linea generale, in italiano, significa che chi è competente è idoneo, ha “l’autorità di trattare, giudicare, risolvere determinate questioni”; ai fini della mia comprensione è più utile il significato al punto 2, specialmente dove dice “per traduz. dall’ingl. competene, ecco, dall’inglese, bingo!

Definizione di competenza - vocabolario Treccani
http://www.treccani.it/vocabolario/competenza/

E quindi cerco la definizione del termine inglese competence, e c’era da aspettarselo che il termine fosse stato mutuato dall’inglese, l’istruzione di matrice anglo-americana è quella a cui tendono politici nostrani che pendono dalla bocca degli industriali. Cosa dice la definizione in inglese? Come si evince dalla schermata sottostante il termine Competence in inglese fa riferimento alla capacità di fare qualcosa con successo e in modo efficiente.

A questo punto ho anche cercato la definizione del termine Skill come uno dei tanti sinonimi di competence, anche questo indica la capacità di compiere un’azione con perizia e abilità, vedi figura in basso.

Inoltre, se si osservano le schermate riportate qui di seguito si hanno gli stessi significati e sinonimi in italiano.

La questione non cambia con i sinonimi di Competenza

abilità (s.f.), perizia (s.f.), preparazione (s.f.), esperienza (s.f.), pratica (s.f.), capacità (s.f.), autorità (s.f.), idoneità (s.f.), facoltà (s.f.), ambito (s.f.), campo (s.f.), settore (s.f.), sfera (s.f.), pertinenza (s.f.), spettanza (s.f.), compito (s.f.), mansione (s.f.), compenso (s.f.), onorario (s.f.), etc.

Si potrebbe, dunque, facilmente dedurre grazie a tutti i sinonimi sopra citati, che la competenza – in un campo professionale, in un settore di interesse specifico, etc. –  si sviluppa grazie alle conoscenze acquisite che creano, nel tempo, l’esperienza necessaria oltre alla capacità e duttilità di affrontare e risolvere i problemi che via via ci si presentano nel corso della propria esistenza. Nulla di trascendentale e che non si sia sempre fatto, come dire, è nell’ordine naturale delle cose, lo ha sottolineato anche il compianto prof. Giorgio Israel, in un articolo del 2009 eppure ancora molto attuale:

Secondo certi “teorici” il mondo finora è stato popolato di idioti e la capacità di formare gente colta e capace è nata con loro. Tutto il sapere che ci è stato consegnato è deficiente perché costruito da gente che non sapeva cosa sono le “competenze”

http://gisrael.blogspot.com/2009/11/la-scuola-delle-competenze-demenziali.html

L’articolo da cui è tratta la citazione è di grande conforto in quanto smonta tutti gli argomenti portati a sostegno della didattica per competenza che, come il prof. Israel sottolinea, servono essenzialmente a giustificare la smania contemporanea di misurare gli apprendimenti al fine di poterli “certificare”, tuttavia, continua Israel:

In verità, gli “esperti” ammettono candidamente: 1) che esistono innumerevoli definizioni di competenze, 2) che misurare le competenze è praticamente impossibile. Alla fine degli anni novanta si riunì una commissione mondiale per stabilire una definizione di competenza: ne vennero proposte a centinaia e non si venne a capo di nulla. Tra queste vi sono le definizioni forti – che tengono conto dei fattori affettivi e motivazionali, manifestamente non misurabili – e quelle deboli – che si confondono con le abilità – le quali forse si prestano a vaghissime misurazioni. Inutile dire che si trascura il fatto – omissione inammissibile per chi abbia una minima cognizione di metodologia scientifica – che per parlare di misurazione bisognerebbe introdurre un’unità di misura. Unità di misura delle competenze? Non facciamo ridere.

Pertanto discettare di “didattica per competenze” e delle “competenze/abilità” (oltre alla già dimostrata confusione nell’attribuzione di significato a termini che sono essenzialmente sinonimi) come se le competenze fossero degli strumenti forniti in un kit utile per qualsiasi uso, non ha senso. Né tanto meno ha senso sostenere che le competenze si imparano e non si sviluppano, e, ancora più inquietante, che si acquisiscono anche senza conoscenze e sapere, come se si trattasse di gesti meccanici privi di ragionamento e riflessione. Infatti, come si può vedere dalla grafica riportata qui sotto, tra le otto competenze necessarie allo studente moderno sono del tutto assenti i contenuti e la conoscenza:

http://www.pinterest.com

Ma ancora più impressionante è, a mio avviso, la grafica che mostra le competenze che dovrebbe possedere l’insegnante moderno tra cui la preparazione è seconda “all’essere impegnato” in cosa? Non è specificato. Quanto a contenuti, anche in questo caso, non compaiono, ma forse è sottointeso nella preparazione e nell’essere aperto alle domande.

http://www.pinterest.com

E però grazie all’intervento di Anna Angelucci presentato a Officina dei Saperi, Roma – 16 marzo 2018, Convegno: “Aprire le porte: creazione sociale e pedagogia del mercato. Per una scuola e una università inclusive, ecologiche e cooperative” e riportato su “ROARS” , si riesce ad avere un po’ di chiarezza sulla questione e, in particolare, sugli scopi che si intendono raggiungere:

Le riforme della scuola degli ultimi 20 anni sono pezzi di riforma del mercato del lavoro. Oggi, dire ‘competenze’ significa dire ‘qualifiche’. Ma se prima le qualifiche corrispondevano a precisi percorsi di studio e titoli giuridicamente validi rilasciati dalle scuole pubbliche, oggi le competenze sono acquisibili ovunque, anzi soprattutto nell’extrascuola, in quelli che vengono definiti apprendimenti informali e non formali. […] perfettamente coerente con questa nuova visione del mondo, in cui scuola e università occupano un posto residuale.

ma Anna Agelucci, già due anni fa, con lungimiranza prefigurava esattamente quello che sta succedendo oggi, ossia:

Ben presto piattaforme a pagamento erogheranno saperi procedurali digitalizzati, con scuole e università ridotte al rango di mere strutture ospitanti – e paganti – servizi informatici (come già succede nelle istituzioni che hanno acquistato app, piattaforme web, webinar, kit per l’interazione docenti-studenti da società editoriali specializzate); agenzie private li misureranno e li certificheranno in quadri di competenze standardizzate e globali, come accade oggi per le competenze linguistiche e digitali già dotate di framework europei che oggi si vogliono applicate anche alle lingue classiche […].

Ma noi stiamo a parlare di banchi a rotelle e rime buccali!

Images taken from Google Search

© L. R. Capuana

2 Replies to “Banchi con le rotelle e didattica innovativa”

  1. Mi ha molto colpito la vignetta del docente che (al punto n. 5) dovrebbe essere competente a fare il “racconta storie”; chiaro esempio di come oggi viene concepito il docente, più come intrattenitore della clientela che altro.

    Per quanto riguarda le “competenze” a scuola certamente non si “misurano” ma semmai si valutano, che è diverso. Poi se non esiste una definizione univoca di “competenze” allora qualsiasi interpretazione potrebbe andare bene, che è comunque ottimo per i nostri saccenti e super-pagati “esperti” della P.I. che così si possono facilmente improvvisare “competenti” ad insegnare a noi miseri docenti incompetenti (ma con 30 o 40 anni di servizio) il nostro mestiere.
    Per quanto riguarda poi l’idea particolare che è giusto che ci sia la netta prevalenza delle “competenze” sui contenuti (metodo che gli “esperti” ci vogliono propinare) il discorso è tipicamente da cultura aziendale, ma se inserito nel giusto contesto ha una sua logica che si potrebbe condensare in: “per l’operaio vale più la pratica che la teoria”.
    Tuttavia tale ragionamento se calato dall’alto nel contesto scolastico può generare (nella mente degli studenti e non solo) delle logiche perverse, per esempio: “non serve studiare la letteratura, la storia, la filosofia (contenuti) ma basta solo saper “leggere e scrivere” o più semplicemente “comunicare” anche tramite sms (competenze); non serve studiare la matematica (contenuti) ma basta saper usare una calcolatrice o un semplice software (competenze); non serve studiare tanto nella vita (contenuti) ma basta saper sfruttare bene le proprie amicizie (competenze).
    In definitiva è andando avanti così che poi saltano fuori personaggi come il comandante Schettino o la ministra Azzolina.

    1. Esattamente, hai colto nel segno e, appunto, andiamo avanti così dalla mirabile riforma Berlinguer che ci ha portati fin qui regalandoci proprio questi geni.

      Grazie per il tuo contributo.

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