Fa davvero alcuna differenza se Lorenzo stava effettuando il tirocinio di formazione professionale o il PCTO (già alternanza scuola-lavoro)?
Venerdì scorso si è avuta notizia di un diciottenne, Lorenzo Parrelli, morto l’ultimo giorno del suo stage formativo che svolgeva presso un’azienda di Udine, è stato schiacciato da una putrella (trave di acciaio o ferro). Il ragazzo frequentava un istituto di formazione professionale regionale gestito, pare di capire, dai salesiani. L’attività svolta non prevede alcuna retribuzione ed è obbligatoria.
No, non si tratta di una morte sul lavoro; si tratta di qualcosa che è ancora peggio e la questione essenziale non è solo la sicurezza sul lavoro che in Italia viene da sempre sottovalutata a favore del profitto. La questione centrale è che si tratta di uno studente che per assolvere il suo obbligo formativo previsto dalla legge è altresì obbligato ad una prestazione di opera lavorativa senza alcun salario.
Si muore non solo di lavoro, dunque, si muore anche per la formazione, per la scuola; che in questo caso si sia trattato di uno studente di un istituto di formazione professionale regionale, poco importa, infatti, anche gli studenti degli istituti di scuola secondaria di secondo grado pubblica e statale sono tenuti a svolgere obbligatoriamente un monte ore consistente di alternanza scuola-lavoro che presentano le medesime criticità, né tanto meno si tratta della prima vittima. Pertanto è l’idea che ci sta dietro che va modificata radicalmente e subito. Tuttavia, né il ministero dell’istruzione né esponenti dei partiti politici che dichiarano di essere di sinistra prendono posizione netta contro questa pratica assurda che ha già avuto in passato esiti altrettanto nefasti.
Questo tragico evento di cronaca sottolinea l’abbandono del sistema di istruzione da parte dello Stato e mette in luce, ancora una volta, le sue innumerevoli inadempienze, spesso tanto gravi da procurare la morte ai suoi studenti anche se indirettamente. È di pochi anni fa l’episodio della tragica e fatale caduta dalla tromba delle scale di un bambino di scuola primaria che al ritorno dai servizi senza sorveglianza si è sporto troppo precipitando di sotto. Per quel caso pagarono a caro prezzo le insegnanti e il collaboratore scolastico, ciò che non si è mai detto però con assoluta chiarezza è che quelle condanne hanno individuato solo dei capri espiatori; mentre la reale causa di quel decesso inaccettabile è, senza alcun dubbio, la carenza di personale che è una delle tante piaghe che affligge la scuola pubblica e statale di un paese che ha nella sua carta costituzionale il diritto allo studio, la scuola aperta e accessibile a tutti (art. 34).
Di fatto una dichiarazione di intenti più che una realtà fattuale.
Dalla pessima e inqualificabile gestione della pandemia alle innumerevoli inadempienze di stato
D’altra parte la gestione del contagio da Corona virus nella scuola italiana è stata fallimentare sin dall’inizio della pandemia, sono intanto passati quasi due anni invano perché, nonostante a V.le Trastevere si siano succeduti due inquilini diversi, la misure adottate per il contenimento del contagio sono state identiche e inutili allo stesso modo, oltre che sempre al servizio di Confindustria che ha imposto come priorità da tutelare l’attività lavorativa dei genitori, anziché la salute di studenti e docenti, nonché di tutte le persone. Non a caso, proprio in questi giorni, la scuola italiana tutta è alle prese con i contagi in aumento di studenti e docenti, ancora stipati in aule troppo piccole per il numero di studenti che devono contenere, alla faccia del divieto di assembramento. E questo approccio è una costante non solo dei vari ministri dell’istruzione, ma dei vari governi che, soprattutto dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, alla scuola chiedono sempre sacrifici di ogni sorta senza mai fornire adeguate risorse finanziarie, di organico e di mezzi.
Si discute quotidianamente di didattiche innovative e digitali e poi mancano persino gli spazi e i docenti, altro che connessioni affidabili ad Internet.
Ma non c’è nulla di cui stupirsi perché lo Stato fa anche peggio infatti, seppure l’istruzione sia un diritto di ogni persona residente nel nostro territorio nazionale e seppure essa debba essere gratuita per tutti i suoi studenti, al di là di timidi divieti verbali contro quelle richieste di contributi volontari che molti istituti avanzano alle famiglie dei loro iscritti, non impone alcuna sanzione ai dirigenti scolastici che attuano queste richieste e non perché non ne sia a conoscenza, impossibile non esserlo se gli istituti le rendono pubbliche sia sui loro siti sia sul loro PTOF. Perché scoraggiare una prassi che dà i suoi frutti, sollevando lo Stato da ogni obbligo e dovere? A nulla serve sottolineare che, laddove le famiglie non sono in grado di ottemperare a questo obbligo di fatto per motivi economici, si inaspriscono le disuguaglianze e le discriminazioni, e tutto ciò a dispetto del fatto che nel dibattito pubblico si urla allo scandalo per gli alti tassi di dispersione e abbandono scolastici, si susseguono clamorose manifestazioni di indignazione per la scarsa preparazione degli studenti italiani, specie negli ultimi anni tirando in ballo opportunisticamente i dati delle prove INVALSI che pur limitandosi a fotografare la situazione corrente non spinge alcuno di dovere ad indagare più a fondo le reali e concrete cause di tale disastro nazionale.
Le cause vanno cercate al ministero dell’istruzione, è lì che si possono trovare le risposte. Le innumerevoli modifiche che sono state apportate al sistema di istruzione a partire dall’introduzione dell’autonomia scolastica e che non si sono mai fermate sono state tutte dannose, cionondimeno gli attuali decisori politici, al pari dei loro predecessori perseguono la medesima strada fallimentare. Evidentemente, dal loro punto di vista, non si è ancora fatto abbastanza per toccare il fondo e bisogna scavare di più. Magari fino al punto di eliminare in toto la scuola pubblica statale che dal 1962 all’avvento della famigerata riforma Berlinguer ha svolto il suo compito: l’alfabetizzazione di massa.
L’autonomia scolastica è la prima pietra della scuola neoliberista
Il suo smantellamento è iniziato dopo, abbassando i livelli di apprendimento a causa della concorrenza feroce tra istituti promossa dall’autonomia scolastica insieme ad uno spropositato moltiplicarsi di ridicole attività extra curriculari volti a scimmiottare le scuole private anglofone; riducendo il numero degli istituti, proprio quelle scuole che nei territori più disagiati rappresentavano spesso l’unico presidio di legalità e di presenza dello stato e creando mega scuole con dentro numerosi indirizzi di studio diversi al solo scopo di contenere le spese per la retribuzione di dirigenti, degli impiegati e dei collaboratori scolastici, ma uno stato che fa i conti della serva quanto affidabile e credibile può essere?
Non paghi, i nostri illuminati politici hanno eliminato, o ridotto significativamente le ore di insegnamenti fondamentali, come geografia, storia dell’arte, latino, storia e filosofia, oltretutto producendo un aumento della precarietà a scuola e del tasso di disoccupazione nazionale. A proposito di precarietà nel mondo della scuola l’Italia è stata persino oggetto di una procedura di infrazione da parte dell’UE per la sua gestione scellerata del fenomeno tanto che il governo Renzi si inventò un’assunzione di massa molto discutibile che ancora oggi grida vendetta da parte di chi fu sbattuto all’altro capo del mondo dall’algoritmo in barba a graduatorie e punteggi maturati.
La scuola subisce la pratica della rana bollita lentamente ed inesorabilmente da decenni, gli artefici di questo piano sono sempre gli stessi, sono quelli che adesso promuovono senza vergogna alcuna l’introduzione dell’insegnamento delle soft skills a scapito delle conoscenze, perché, in effetti non sono bastati anni e anni di pressioni per favorire l’acquisizione delle competenze sostenendo in modo irragionevole e folle di trascurare se non ignorare del tutto le conoscenze; come se il carattere di una persona si forma senza coinvolgere le sue capacità cognitive, senza sviluppare la sua intelligenza attraverso il sapere, o come se la capacità di fare sia avulsa dalla capacità di alimentare il pensiero cognitivo sviluppando quello critico. Se questo è il disegno perseguito si tratta di indottrinamento, di addestramento meccanico e militaresco, insegnare ad obbedire, allenare generazioni di yes men. Una restaurazione ottocentesca dell’istruzione, come se non bastasse aver trasformato la scuola in servizio di bambinaie a buon mercato e à la carte per genitori che non si rendono conto di ciò di cui la loro prole viene privata.
E se lo scopo è la distruzione della scuola pubblica statale che presso l’opinione pubblica non gode più di alcun prestigio, di alcun valore (ma non gode di alcun valore nemmeno l’istruzione in senso lato), lo scopo può essere solo quello di realizzare una scuola parallela e privata, o meglio paritaria perché finanziata da fondi pubblici per consentire, dicono, la libertà di scelta alla famiglia, ma con accesso privilegiato a chi ne detiene il merito, un’altra mistificazione, ovvero chi può permettersela vuoi perché economicamente avvantaggiato, vuoi perché territorialmente avvantaggiato. Alla faccia del merito, appunto. Per cui dall’autonomia scolastica all’autonomia differenziata il passo è breve, obiettivo da sempre perseguito dai ciellini che infestano le varie formazioni politiche, dai neoliberisti che tenacemente lottano per questo scopo da sempre riuscendo a far passare alla Camera senza voti contrari l’indottrinamento e la mutazione genetica di stato. Ancora una volta, chiamati ad esprimersi sulla scuola, i parlamentari che si proclamano di sinistra votano insieme alla destra, per una volta sarebbe il caso che chiedessero a gran voce l’abolizione dell’inutile quanto dannosa alternanza scuola-lavoro e tirocini vari che nulla sono se non sfruttamento di manodopera a costo zero.
L’aspetto più interessante ancorché inquietante è che da decenni sulla scuola i guasti e i disastri sono stati compiuti indistintamente e con pari fervore da tutti i partiti in modo trasversale e innaturale. La costante è sempre la stessa sollevare lo stato da ogni obbligo e dovere di attuazione della carta costituzionale che è diventata davvero carta straccia.
© L. R. Capuana