La pedofilia, il collasso spirituale e il ’68
Il testo integrale degli appunti, come li chiama lui, sono stati pubblicati giorno 11 aprile 2019 sul quotidiano nazionale “Il Corriere della Sera”
Il titolo del testo pubblicato è : Papa Ratzinger: la Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali.

L’antefatto
Confesso che ieri ho appreso di questi appunti da alcuni titoli di giornali e condivisioni su Facebook su cui io stessa ho fatto un post genericamente ironico perché, ultimamente, sembra che lo sport nazionale sia di scaricare tutto sulla rivoluzione sessantottina, quindi non ero sorpresa più di tanto dai titoli dei giornali che riportavano la pubblicazione di uno scritto del papa emerito in cui egli attribuisce il degrado morale ed il collasso spirituale della società attuale proprio alla rivoluzione del 1968 e che dà anche l’avvio al fenomeno della pedofilia interno alla Chiesa.
L’assioma secondo cui nel ’68 inizia il degrado morale e quindi, ovviamente, la pedofilia nella chiesa si diffonde, non mi ha suscitato, lì per lì alcun interesse e ho liquidato l’intera faccenda come a me estranea. E però non abbastanza per non andare più a fondo e così ho ceduto alla curiosità e sono andata leggermi il testo integrale restando sconcertata per la gravità del suo significato complessivo.
Prime impressioni
La prima considerazione che ho fatto ad una lettura veloce e che mi ha subito sbigottito è stata che non fosse assolutamente possibile che simili dichiarazioni non avessero un impatto dirompente sul dibattito politico in corso per quanto concerne il clima reazionario che si respira attualmente pregno di emanazioni mefitiche.
La seconda è stata che se anche tali dichiarazioni vengano travisate o semplificate la responsabilità, anche di eventuali strumentalizzazioni, non può che essere ricondotta all’autore stesso del testo. Pensare che il papa emerito possa essere inconsapevole dell’onda d’urto che provocheranno le sue parole è un insulto all’intelligenza del cittadino medio. Perciò, a mio avviso, è tutto voluto e strategicamente studiato anche per mettere in difficoltà papa Bergoglio dando sostegno ai conservatori cattolici che osteggiano in tutti i modi questo papa.
Ciò che m’indigna di più è che il giudizio tranchant sul ’68 si abbatte non solo sui cattolici che, se si trattasse solo di questo, sarebbe trascurabile, ma che esso incida su tutta la società italiana (e occidentale), chiamata direttamente in causa da Ratzinger, già fin troppo condizionata dai cattolici e soprattutto in un momento storico durante il quale il revisionismo lambisce ogni questione cruciale del nostro passato e, in particolar modo, quelle con le quali, evidentemente, non abbiamo ancora fatto i conti e sono tante.
QUADRO GENERALE
Improvvisamente e con stupore, sicuramente da parte mia, si scopre un’Italia razzista, omofoba e misogina. Sembra quasi che tutti questi rigurgiti retrogradi fossero stati tenuti nascosti nei meandri delle menti dei più perché fino a pochi mesi erano considerati inconfessabili, ma stavano lì, acquattati, pronti per emergere allo scoperto tant’è che è bastato lo sdoganamento, da parte di alcuni politici, di certe idee attraverso un uso delle parole scellerato perché venissero allo scoperto, come funghi velenosi che fanno capolino da un sottobosco, per inquinare ancora di più il dibattito pubblico tracimando con impensabile violenza e passando dall’aggressione verbale a quella fisica. infatti sempre più si apprende dalla cronaca di pestaggi di omosessuali, in un caso, a Verona, lo scorso settembre, è stata buttata della benzina addosso ad una coppia gay. Forse è una coincidenza ma è anche un fatto che i femminicidi rappresentano una strage nazionale e, in ogni caso, l’atteggiamento nei confronti delle violenze sulle donne oscilla tra la non tanto velata colpevolizzazione della vittima e la sottovalutazione del fenomeno specie da parte chi dovrebbe occuparsene dato il suo ruolo istituzionale, ovvero il ministro degli interni, il quale invece ritiene più opportuno partecipare al congresso mondiale delle famiglie tenutosi a Verona tra il 29 e il 31 marzo scorsi.

Un convegno che vede protagonisti cattolici ultra ortodossi tra gli altri personaggi dalle posizioni aberranti – come, ad esempio, la parlamentare dell’Uganda, Lucy Akello, accusata di essere favorevole alla pena di morte dei gay – , accomunati tutti da una visione della donna arcaica e inaccettabile nell’anno del signore 2019. Queste posizioni politiche venute alla ribalta con l’ingresso della Lega al governo hanno dato la stura ad un machismo intollerabile che rialza la test ringalluzzito da formazioni neofasciste anch’esse riemerse dagli antri più fetidi grazie sempre al ministro che, con cinico opportunismo, non disdegna alcun portatore di consenso elettorale, fosse anche la peggior feccia.
Le parole di Benedetto XVI
Non ho la benché minima intenzione di fare l’esegesi del testo apparso sul “Corriere”, tuttavia alcune parti sono da sottolineare per la loro deflagrazione nel quadro politico odierno, esse vi si innestano quando chiamano in causa il ’68 come causa del collasso spirituale e morale dell’Occidente. parole che portano un giudizio pesante, come ad esempio:
Tra le libertà cha la Rivoluzione del 1968 voleva conquistare c’era anche la completa libertà sessuale che non tollerava più alcuna norma. La propensione alla violenza che caratterizzò quegli anni è strettamente legata a questo collasso spirituale.
Nell’introduzione al suo scritto, più sopra, scrive:
(…) come negli anni ’60 si sia verificato un processo inaudito, di un ordine di grandezza che nella storia è quasi senza precedenti. Si può affermare che nel ventennio 1960-80 i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità sono venuti meno completamente e ne è risultata un’assenza di norme (…)
Ma di quale libertà sessuale si parla esattamente? Senza mai fare un cenno diretto nel suo testo è più che evidente il riferimento alla libertà sessuale delle donne, appunto: “un processo inaudito, di un ordine di grandezza che nella storia è quasi senza precedenti”, e se anche non ce l’avesse in mente l’autore questo riferimento, esso buca la mente di chiunque altro.
Non voglio entrare nel merito di questioni prettamente inerenti alla dottrina perché, in quanto laica non mi toccano e per rispetto di chi ha fede mi astengo dal commentarli. Ciò che invece mi interessa sottolineare attiene proprio al rischio che potrei io subire insieme alla società; mi preoccupa molto il discorso quando egli sostiene che:
L’antidoto al male che minaccia noi e il mondo intero ultimamente non può che consistere nel fatto che ci abbondoniamo a questo amore. (…) La forza del male nasce dal nostro rifiuto dell’amore a Dio”.
“Il mondo intero” inteso come il mondo dei cattolici, mi chiedo retoricamente, ma ancor più preoccupante quando scrive:
Un mondo senza Dio non può che essere altro che un mondo senza senso. In ogni caso sarebbe un mondo privo di fondamento spirituale. Non vi sarebbero più criteri del bene e del male. Dunque avrebbe valore unicamente ciò che è più forte. Il potere diviene allora l’unico principio.
E poi, più avanti, ciò che io considero il colpo di grazia:
Una società nella quale Dio è assente (…) è una società che perde il suo criterio. (…) la morte di Dio in una società significa anche la fine della sua libertà perché muore il senso che offre orientamento. (…) La società occidentale è una società nella quale Dio nella sfera pubblica è assente e per la quale non ha più niente da dire. E per questo è una società nella quale si perde sempre più il criterio e la misura dell’umano. (…) Dio viene visto come affare di partito di un piccolo gruppo e non può più essere assunto come criterio di misura della comunità nel suo complesso.
Da questa visione della società – quella secondo Ratzinger – manca completamente la sua componente laica che è distante da queste posizioni. Ma non finisce qui, anzi:
In questa decisione si rispecchia la situazione dell’Occidente, nel quale Dio è diventato fatto privato di una minoranza. Il primo compito che deve scaturire dagli sconvolgimenti morali del nostro tempo consiste nell’iniziare di nuovo noi stessi a vivere di Dio, rivolti a lui e in obbedienza a lui”.
No pago di quanto finora detto, il papa emerito che sottintende, anche piuttosto chiaramente, un auspicato ritorno della morale cristiano-cattolica sulla scena pubblica per orientarne la direzione – magari come accade negli Stati Uniti dove la frangia più estremista degli Evangelici detta l’agenda politica di Trump -, rincara la dose con il passo in cui richiama l’Apocalisse e le tentazioni cui il diavolo sottopone Giobbe e con esso tutta la fede cristiana:
Per i cristiani è chiaro che quel Giobbe che per tutta l’umanità esemplarmente sta di fronte a Dio è Gesù Cristo (…) il dramma dell’uomo è rappresentato in tutta la sua ampiezza. Al Dio creatore si contrappone il diavolo che scredita l’intera creazione e l’intera umanità
Dove il diavolo, per Ratzinger, sta in quel collasso spirituale originato dalla Rivoluzione del 1968, quindi il diavolo è, sempre stando a queste parole, il processo di secolarizzazione della società occidentale che in quegli anni si è radicato producendo, per come invece la vedo io, una serie di emancipazioni da quella che fino a quel momento era stata una tradizione passatista, marcescente e ipocrita.
Una società, quella pre-sessantotto, in cui a governare era sì la legge del più forte, ossia il potere maschile economicamente e socialmente egemone che, di fatto, la libertà sessuale scalza, ma la libertà sessuale della donna che con la rivoluzione del 1968 conquista sempre più spazi nella società e, sì, conquista sempre più potere.
Mi preoccupa lo scritto di Benedetto XVI perché non mi sembra casuale che esso venga pubblicato, benché su un periodico tedesco, ad appena due settimane dal convegno mondiale della famiglia a cui il Segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Parolin, ha dato sostegno nella sostanza; ma in quel convegno sotto attacco diretto è stata, senza ombra di dubbio, la donna emancipata e femminista, come lo è anche sotto attacco attraverso le parole di Ratzinger seppur in tutto il testo non c’è mai un riferimento esplicito alla donna e al ruolo che dal ’68 ad oggi essa ricopre nella società, un ruolo di primo piano seppur non perfettamente alla pari, come dovrebbe essere, con quello maschile, un ruolo che mai avrebbe avuto senza la rivoluzione del 1968.
Cionondimeno il papa emerito fa un piccolo – ma non trascurabile accenno alla figura femminile, diciamo pure di sbieco, quando scrive:
In un seminario nella Germania meridionale i candidati al sacerdozio e i candidati all’ufficio laicale di referente pastorale vivevano insieme. Durante i pasti comuni, i seminaristi stavano insieme ai pastorali coniugati in parte accompagnati da moglie e figlio e in qualche caso dalle loro fidanzate. Il clima nel seminario non poteva aiutare la formazione sacerdotale. La Santa Sede sapeva di questi problemi, senza esserne informata nel dettaglio. Come primo passo fu disposta una Visita apostolica nei seminari degli Stati Uniti.

Ma quali fossero i problemi nello specifico non è chiaro, era forse la convivenza con laici coniugati che metteva a dura prova la vocazione sacerdotale dei seminaristi sbirciando nelle gioie famigliari dei laici e che a loro sarebbero state precluse? O forse la mera presenza delle mogli e fidanzate dei laici durante i pasti comuni, quindi, si presume in un contesto conviviale e del tutto innocente, traviava la vocazione dei seminaristi? Dunque l’unico riferimento esplicito alla figura femminile in tutto il testo, surrettiziamente adombra il dubbio della femmina tentatrice per la sua mera presenza!
A mio parere va segnalata anche un’altra frase il cui significato è, per me, oltremodo discutibile, infatti in un testo in cui l’autore sostiene di volere affrontare, per trovare delle soluzioni, il delicatissimo tema riguardante il fenomeno della pedofilia interno alla Chiesa, quel preciso capoverso – l’unico – in cui l’autore, come rilevato, fa riferimento alla figura femminile è introdotto così:
In diversi seminari si formarono club omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari.
Non può sfuggire, nemmeno ad una lettura superficiale, l’accostamento dell’omosessualità alla pedofilia e che, personalmente ritengo oltraggioso. La pedofilia è un disturbo psichiatrico, secondo Wikipedia – sì, non sono lontana nell’indagine -, che spinge chi ne è affetto a molestie e violenze sessuali nei confronti di bambini e bambine; l’omosessualità, invece è una variante naturale – sempre dalla stessa fonte – del comportamento umano che comporta attrazione sentimentale e/o sessuale verso individui dello stesso sesso. L’accostamento è, pertanto, ingiurioso perché, ancora una volta surrettiziamente, si vuol adombrare il dubbio che la pedofilia sia figlia dell’omosessualità.
Se Josef Ratzinger avesse avuto davvero a cuore le sorti e la pace interiore delle vittime degli ignominiosi abusi dei chierici pedofili avrebbe dovuto fare un pubblico “mea culpa” per l’omertà perseguita ostinatamente dalla Chiesa di Roma che avrebbe dovuto molto semplicemente consegnare gli accusati alle autorità giudiziarie competenti al fine di rendere giustizia, nel mondo secolare, alle vittime di reati penali che, coraggiosamente, hanno denunciato, altro che disquisire sulle diverse tipologie di tribunali interni e punizioni ecclesiastiche. No, ancora una volta, la Chiesa fa un’operazione politica per salvaguardare e, anzi rafforzare il proprio potere secolare scaricando le proprie colpe e responsabilità – quelle della Chiesa – sul ’68 già sotto attacco da un revisionismo storico retrivo che intende conservare il potere maschile.
“Il fine giustifica i mezzi” anche per papa Ratzinger.
© L. R. Capuana
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