“La Nazione-Stato come unità fondamentale della vita dell’uomo organizzata ha cessato di essere la principale forza creativa: Le banche internazionali e le corporazioni transnazionali sono ‘ora’ attori e pianificatori nei termini in cui un tempo erano attribuiti i concetti politici di stato-nazione” .
Zbigniew Brzenzinski
Vagando per il Web mi sono imbattuta, per caso, in un rapporto (redatto in inglese) molto interessante stilato dall’associazione Corporate Europe Observatory nel lontano 1998 di cui propongo una breve personale riflessione, che ritengo, utile per capire ciò che sta avvenendo oggi nel mondo e perché. Naturalmente invito tutti a leggere per intero l’originale che potete trovare qui.
LA QUESTIONE E’ SQUISITAMENTE POLITICO-FINANZIARIA
In principio fu il MAI (Multilateral Agreement on Investment). Da un rapporto del 1998, reperibile sul sito ufficiale dell’associazione non-governativa, Corperate Europe Observatory, si scopre essere un trattato multilaterale di investimenti e per il quale, già nel 1988, su pressione della potente ERT, l’Unione Europea inizia una serie di incontri negoziali con i ministri dei paesi aderenti all’OCSE.
È un progetto che sta molto a cuore ai cosiddetti TNC (l’acronimo è utilizzato nel documento originale di cui sopra e sta per: Transnational Corporations, ovvero le multinazionali), una potentissima lobby che opera sia a livello nazionale (in Italia la sua interfaccia è la TRELLE) sia a livello internazionale con associazioni come: ICC (International Chamber of Commerce) o la USCIB (the United States Council of International Business). Quali sono gli interessi perseguiti da queste lobby, è sempre dal rapporto citato sopra che traggo i seguenti estratti che ho tradotto dall’inglese:
Le TNC (multinazionali da ora in poi), lavorando in coalizioni nazionali e internazionali, intendono aprire il mercato, abbattendo tutte le barriere commerciali, per il libero scambio commerciale e gli investimenti. Le negoziazioni con l’OCSE sul MAI vengono avviate, come si è detto, per le forti pressioni delle multinazionali, infatti 477 su 500 multinazionali hanno basi operative nei paesi OCSE e sono organizzati in gruppi appartenenti alle associazioni sopra menzionate e che quindi hanno tutto l’interesse che l’accordo si faccia per consentire loro di incrementare i loro investimenti verso il sud del mondo.
Le multinazionali sono generalmente alleate ai politici conservatori alla guida dei loro paesi che perseguono politiche neoliberali e spesso indirizzano le scelte politiche da seguire sia nel mercato interno sia in quello estero.
La creazione della URUGUAY ROUND e del WTO nel 1994 sono considerati enormi successi perché abolirono le barriere commerciali nazionali dei paesi aderenti al fine di consentire un libero flusso di merci e servizi.
È in questo quadro che rientra il MAI.
SCOPO PRINCIPALE DEL MAI
Ma quale era lo scopo che il MAI si prefiggeva di ottenere? Innanzitutto, quello principale, era di andare ben oltre i tradizionali investimenti finanziari, come ad esempio azioni, obbligazioni, prestiti, quote di debito, diritti sulle proprietà intellettuali, contratti di locazione, mutui e concessioni su terreni e risorse naturali includendovi anche sanità, istruzione, comunicazioni, cultura, settori bancari ed edili.
Gli unici settori che restavano totalmente al di fuori erano la difesa e la sicurezza nazionali.
COME REALIZZARLO
Partendo dal principio che avrebbe dovuto agevolare le cosiddette MFN (Most Favoured Nations) il MAI prevedeva che i governi dei paesi aderenti, pur di ottenere investimenti stranieri, avrebbero dovuto trattare questi ultimi meglio degli investitori o delle società nazionali, inoltre sarebbe stato eliminato qualsiasi tipo di restrizione per gli investitori stranieri in settori sensibili; non solo, sarebbero stati eliminati anche i REQUISITI DI PRESTAZIONE volti a tutelare i lavoratori e le comunità. In altri termini i governi nazionali non avrebbero potuto chiedere alle società straniere di impiegare un numero minimo di lavoratori locali o che venisse impiegata una percentuale di prodotti locali, né che vi fosse scambio di sapere tecnologico.
E ancora, un’altra clausola prevedeva che non vi fosse NESSUNA RESTRIZIONE AL FLUSSO ECCESSIVO DI CAPITALE VERSO E DA IL PAESE IN QUESTIONE, quindi facilitando l’incremento di investimenti speculativi a breve termine, come quelli che generarono la crisi del peso in Messico nel 1994, o il crollo del mercato azionario nel sud-est asiatico della fine degli anni ’90.
LE NAZIONI ASSOGGETTATI AL MAI
Tra le altre cose il MAI contemplava già un MECCANISMO DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE attraverso cui si sarebbe consentito agli investitori di far causa ai governi locali e nazionali per espropriazione: in pratica le multinazionali, grazie al MAI, avrebbero potuto contestare le normative locali, benché democraticamente attuate, se sulla base del MAI, ne derivasse perdita di utili o danno di immagine per le stesse, pretendendo quindi un risarcimento pecuniario da parte dei governi e/o la pretesa modifica della norma ritenuta per loro lesiva.
Avevano previsto anche l’insediamento di una commissione di arbitrato composta da pochi esperti che avrebbero dibattuto, rigorosamente a porte chiuse, e raggiunto una decisione in totale segretezza. Le conseguenze sulle norme concernenti la sanità, l’ambiente e la sicurezza sarebbero state di portata enorme, a tal proposito basti guardare al caso NAFTA (ancora in corso all’epoca di questo rapporto) che vedeva la citazione in giudizio di una compagnia di petrolio statunitense, la Ethyl, del governo canadese per un risarcimento di $ 250 milioni a causa della messa al bando dell’uso di un additivo tossico alla benzina.
DIVIETO PER LE NAZIONI ADERENTI DI RITIRARE L’ADESIONE E L’OBBLIGO DI MANTERE UNA LEGISLAZIONE FAVOREVOLE ALLE MULTINAZIONALI
Il trattato prevedeva un’adesione di vent’anni per i paesi che lo avrebbero sottoscritto; la risoluzione dal trattato da parte delle nazioni aderenti sarebbe potuta avvenire solo dopo cinque anni e comunque le multinazionali sarebbero state coperte dalle norme previste dal MAI per i successivi 15. Inoltre, nel MAI sussisteva l’obbligo, per i paesi aderenti, di mantenere inalterata la normativa volta a favorire le multinazionali e addirittura di modificarla se non lo fosse già. Nel primo caso (Stand-still provisions) avrebbe vietato alle nazioni aderenti al trattato di varare norme per la tutela ambientale o di politica sociale se queste fossero state lesive per le multinazionali. Nel secondo caso (roll-back provisions) le nazioni sottoscriventi sarebbero state obbligate ad offrire zone di mercato protetto alle multinazionali o costrette ad abrogare/modificare norme ritenute nocive per il MAI (per esempio l’esenzione austriaca alla sua industria interna di spazzacamini, o le norme per i servizi sociali statunitensi).
ALTRE CONSEGUENZE
Qualora il MAI fosse stato approvato durante le negoziazioni con i ministri dei paesi OCSE esso sarebbe stato in netto contrasto con i trattati internazionali circa le convenzioni sul clima, con il protocollo di Kyoto, siglato nel 1997, e le convenzioni sulla tutela delle diversità biologiche.
Ma a perdere in questa partita dalle forze totalmente impari sarebbero stati senza dubbio i lavoratori che avrebbero dovuto rinunciare alle loro tutele e ai loro diritti, sarebbero stati erosi posti di lavoro insieme alla riduzione di stato sociale e previdenziale, avrebbe sicuramente perso il commercio interno unitamente alla tutela dell’ambiente e alla preservazione della cultura nazionale all’interno della quale è, ovviamente, compreso il sistema di istruzione. Tutti questi settori, specie nei paesi più poveri, sarebbero stati assoggettati a soddisfare il bisogno di servizi delle nazioni più industrializzate e delle loro multinazionali a cui l’esportazione di merci e l’estrazione di risorse naturali sarebbero state indirizzate. Suona famigliare?
Infine, la progressiva riduzione di barriere commerciali, agevolando gli investitori stranieri e le multinazionali avrebbe assicurato loro un mercato globale libero, omogeneo e legalizzato, anziché dover gestire e adattarsi alle diverse condizioni e leggi locali e nazionali, ne avrebbero ottenuto l’uniformità globale, infine, ma non ultima per ordine d’importanza, avrebbero ottenuto il diritto a far ricorso contro gli stati quando gli interessi o l’immagine delle stesse fossero stati danneggiati.
LA FINE DEL MAI, MA…
Le negoziazioni dei ministri dell’area OCSE per l’attuazione del MAI proseguirono per diversi anni tra varie battute di arresto e comunque si arenarono tra il 1997 e il 1998 perché di fatto esisteva una forte opposizione tra i vari ministri, cionondimeno la questione delle barriere commerciali e il loro abbattimento in un quadro di scambi commerciali a livello globale è stato ripreso da Obama con il TTIP, anche questo arenatosi in un nulla di fatto, eppure nella primavera scorsa Bruxelles ha firmato con il Canada il CETA, ora al vaglio del Parlamento italiano.
Entrambi questi ultimi trattati citati, il TTIP (Trans-Pacific Parternership) e il CETA (Comprehensive Economic Trade Agreement), si ispirano alla filosofia di base che era l’ossatura del MAI ovvero la supremazia delle multinazionali i cui interessi ottengono legittimazione totale e sovrastano quelli di stati sovrani a regime democratico i cui governi sono liberamente eletti dai loro cittadini annullandone, di fatto, tutte le loro prerogative.
Le multinazionali hanno, nel frattempo, conquistato enormi poteri e sono in grado di negare a paesi sovrani qualsiasi controllo sugli investimenti stranieri diretti.
E tutta questa vicenda, la si può davvero considerare conclusa? O non è forse stata il motore che ha avviato e condizionato, influenzato, con effetti devastanti sulle nostre economie, le scelte politiche scellerate di questi ultimi vent’anni, o no?
Per avere un’idea più chiara – se non foste già al corrente – di cosa siano e di chi fa parte della European Round Table (ERT), dell’associazione italiana TRELLE (molti dei suoi componenti fanno parte, o sono molto vicini anche alla Fondazione Agnelli che tanto si occupa di scuola), o delle più internazionali TRILATERAL, BILDERBERG vi rinvio ai link sotto riportati.
https://en.wikipedia.org/wiki/European_Round_Table_of_Industrialists
https://www.ert.eu/members
Click to access europe_inc_ch_3.pdf
http://www.labottegadelbarbieri.org/i-diktat-della-fondazione-sulla-buona-scuola-di-stato/
I MEMBRI ITALIANI DELLA TRILATERAL COMMISSION E IL GRUPPO BILDERBERG
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