La scuola al tempo del corona virus

La scuola al tempo del corona virus sta mostrando con tutta evidenza le profonde criticità che la caratterizzano da anni ormai.

E no, non parlo di ritardo digitale, di inadeguatezza disciplinare o didattica dei docenti; no, parlo di altro.

In questa circostanza di emergenza nazionale per la salute di tutti, per la tenuta del sistema sanitario, per la corsa contro il tempo al fine di contenere la propagazione del contagio; un’emergenza che ha spinto il governo a serrare tutto e che costringe ognuno di noi a restare a casa (tranne coloro i quali sono indispensabili ad evitare il collasso complessivo del paese e che, quindi, lavorano e lottano per tutti gli altri); un’emergenza che solo alla fine ci dirà se abbiamo superato la prova e come l’avremo superata, ma che già ora invece ci dice che la scuola è in forte affanno.

Tra chiusura delle scuole in un primissimo momento e successivamente la sospensione delle attività didattiche si è generato il caos. Per chi non lo sapesse la differenza è sostanziale: con la chiusura delle scuole non solo gli studenti e i docenti non devono recarsi a scuola, ma sono tutelati anche gli impiegati (assistenti tecnici amministrativi – ATA) e i collaboratori scolastici; viceversa con la sospensione delle attività didattiche solo studenti e docenti sono dispensati dall’obbligo di presenza.

Per quanto riguarda questi ultimi, studenti e docenti, cambia poco in realtà tra i due provvedimenti sopra citati, sia che le scuole vengano chiuse sia che vi è la sospensione delle attività didattiche, non si eseguono lezioni.

Tuttavia in questo momento specifico, a causa della prolungata sospensione, il ministero (su cui tralascio ogni considerazione) ha attivato la cosiddetta “didattica a distanza” che, nel DPCM del 4 marzo 2020 all’art. 1, lettera g) riporta:

“I dirigenti scolastici attivano (…) la didattica in modalità a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità”.

Quindi l’organizzazione è stata assegnata ai dirigenti scolastici di ogni singolo e diverso istituto. I docenti sceglieranno liberamente quali modalità adottare tra quelle proposte dall’istituto in cui prestano servizio oppure altro.

L’obiettivo che veniva suggerito all’inizio era quello di far sentire agli studenti la vicinanza dell’istituzione scolastica anche in un momento così difficile e quindi di mantenere viva quanto più possibile la “relazione” tra docenti e discenti.

Ma non si sono fatti i conti con l’Autonomia Scolastica. Infatti in virtù di essa si è scatenato l’inferno.

Ogni singola scuola ha fatto scelte autonome nel pieno rispetto della normativa vigente, ossia, appunto l’Autonomia Scolastica. Basti dare un’occhiata anche veloce sulle pubblicazioni degli ultimi giorni di siti inerenti alla scuola per farsi un’idea generale di ciò che sta accadendo. Il caos più totale.

Se le raccomandazioni iniziali vertevano dunque sulla relazione e la vicinanza, l’empatia, se si diceva di effettuare ripassi e rinforzi perché non sarebbe deontologicamente corretto avviare nuovi argomenti e per via della delicatezza del momento che non lascia alcuno sereno e per via delle modalità stesse della didattica a distanza che, ovviamente, non può essere equiparata alla lezione in presenza; via via tutte queste iniziali riflessioni hanno lasciato il passo ad una sorta di frenesia collettiva con il risultato che si è perso del tutto di vista l’obiettivo da perseguire e come adoperarsi per raggiungerlo, sicché ognuno di noi si è dato da fare autonomamente, seguendo idee personali, utilizzando strumenti magari già in uso prima che scoppiasse l’emergenza, ma tutti influenzati e condizionati dal frastuono di fondo che premeva perché fossimo pronti e preparati. Ma pronti e preparati a cosa? Alla guerra?

Infatti si è scatenata una guerra di materiali inviati con le modalità più disparate (immaginate una classe di studenti che ha un consiglio di classe composto da 10 o più docenti e ognuno di questi usa uno strumento diverso, ecco non vorrei essere nei panni di questi ragazzi), consegne con scadenze, correzioni e rinvio; una bolgia.

Confusione totale generata anche da tantissimi dirigenti scolastici (vedi sempre pubblicazioni sui siti attinenti al mondo della scuola) che producono una quantità di circolari mostruosa in cui si chiede, si intima, si ordina ai docenti l’impensabile anche in palese contrasto con il CCNL e le varie normative.

Questa è un’emergenza che coglie tutti impreparati, siamo tutti costretti a restare chiusi in casa ed io ho immaginato alcuni scenari possibili. Tutti siamo in difficoltà, e allora ho pensato a quelle famiglie con figli magari di età diverse, famiglie che non tutte dispongono di ambienti spaziosi, alcuni saranno confinati in appartamenti piccoli con scarse possibilità per ciascuno dei componenti di appartarsi, TV probabilmente sempre accesa, più persone in casa con esigenze, abitudini diverse; molti di questi nuclei famigliari non possiedono alcun pc ma solo degli smart phone come unico dispositivo con accesso alla rete e quanti saranno con connessioni illimitate, serviranno anche per socializzare, o no?

Ho immaginato il rumore, la sovrapposizione di voci; se ci sono bimbi piccoli sarà ancora più difficile trovare uno spazio silenzioso, tempo per se stessi. Mi è venuto allora spontaneo chiedermi quanto nervosismo può generare una costrizione di vicinanza così intensa e senza un orizzonte temporale prevedibile, ho immaginato la preoccupazione di genitori che magari hanno lavori precari e saltuari e che in questa situazione non hanno aiuti, tutele economiche e finanziarie. Ho immaginato tutte queste situazioni possibili, anziani in casa o invalidi, ammalati.

Immagino tutte queste possibili realtà e che un’emergenza come quella che stiamo vivendo non può non creare ulteriori pressioni, persino un senso di scoramento, di disperazione addirittura per chi è già sotto stress, chi soffre di depressione, chi ha dipendenze.

Immagino tutto questo, lo immagino soltanto e mi viene da urlare.

Ecco penso a tutto ciò e poi mi chiedo se non sia ancora più surreale, più assurda, grottesca e infinitamente ridicola la pretesa di alcuni docenti di completare i programmi che non esistono dai tempi di Letizia Moratti che introdusse le indicazioni nazionali e gli obiettivi da raggiungere; se non sia ridicola la questione verifiche e valutazioni.

Il punto non è se la e-learning funziona o meno, se siamo in grado di usare o sfruttare lo nuove tecnologie, non è certo nell’emergenza che si possono verificare queste che, in circostanze normali, potrebbero essere delle occasioni.

Il punto è quale è lo scopo adesso e innanzitutto dovremmo soffermarci, riflettere sul fatto che la scuola deve essere per tutti e che l’azione didattica è efficace ed efficiente se è accessibile e disponibile per tutti senza che essa diventi ulteriore elemento di disuguaglianza sociale, la scuola non può e non deve creare discriminazioni. Ripenso a quanto riportato dal decreto:

avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità

E allora l’unica conclusione a cui approdo è che ci meriteremmo tutti una sonora pernacchia per la figura miserrima che stiamo facendo. Ciascuno di noi è più preoccupato di fare bella figura, di non passare per lavativo che di essere veramente vicino ai ragazzi.

Una sonora pernacchia, questo è ciò che penso che la classe docente si meriti in questo momento così drammatico per il nostro paese.

A meno che non si recuperi senso della misura, apertura mentale (non tutte le scuole del regno sono licei dei parioli, per dire) ed empatia, sì empatia!

2 Replies to “La scuola al tempo del corona virus”

Leave a Reply