TRENT’ANNI DI “RIFORME” NEOLIBERISTE CONTRO LA SCUOLA PUBBLICA
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Il grido di dolore che si leva per la preoccupazione degli effetti psicologici della didattica in remoto sugli adolescenti è sicuramente condivisibile ma bisognerebbe anche preoccuparsi degli effetti che producono da una parte l’incertezza quotidiana (dare un taglio a questo balletto di annunci e smentite che un giorno vuole le scuole in presenza con percentuali fantasiose e il giorno dopo si rimangia tutto e prolunga la didattica a distanza) che impedisce ai docenti di programmare le lezioni (fare lezione a distanza e farla in presenza non sono la stessa cosa, serve un’organizzazione diversa, servono materiali diversi) e agli studenti di organizzarsi lo studio; e dall’altra pensare anche agli effetti che ha sui ragazzi la prospettiva di allungare il calendario scolastico e le attività didattiche fino a luglio e agosto dopo un anno e mezzo di scuola in queste condizioni assurde, condizioni che peraltro hanno moltiplicato il lavoro e l’impegno non solo per i docenti (che chi se ne frega di quei “fancazzisti”) ma anche e soprattutto per i ragazzi che vengono continuamente stimolati dai docenti persino durante le vacanze di natale perché bisogna recuperare, cosa non è dato sapere.
Chiedere che le scuole di ogni ordine e grado siano aperte in sicurezza non vuol dire essere favorevoli alla loro chiusura e alla Didattica a distanza, o alla Didattica Digitale Integrata, signifca rivendicare nell’ordine: il diritto alla salute, alla libertà di insegnamento, unitamente al sacrosanto diritto allo studio, ma senza farsi strumentalizzare dal facile slogan che sta in bocca a troppi: “scuole aperte subito”.
In definitiva il disegno politico a cui hanno aderito tutti i governi in modo trasversale dimostra chiaramente che è tutto collegato e che un passo dietro l’altro l’obiettivo era e continua ad essere la frammentazione del sistema scolastico su tutto il territorio per favorire la competizione selvaggia tra istituti che fino ad oggi ha prodotto un unico risultato: un ragguardevole risparmio nella spesa pubblica, ma a che prezzo? Le uniche proposte possibili dopo questa lunga riflessione sono, da una parte l’abolizione di tutto il pacchetto normativo che introduce ed attua l’autonomia scolastica che si porterebbe dietro tutte le altre successive contro-riforme e, dall’altro, l’avvio ad una seria discussione pubblica sull’istruzione scolastica che tenga conto di ciò che è realmente accaduto dal suo varo in termini di calo sostanziale dei livelli di apprendimento degli studenti, del degrado culturale in cui versa il paese. Un dibattito pubblico che metta in primo piano anche il parere degli esperti: i docenti.
lo stesso INVALSI rileva nei suoi rapporti in riferimento alle prove standardizzate, significative differenze socio-culturali, nonché economiche e geografiche che hanno un’incidenza notevole sulle varie prestazioni degli studenti.
La celebrazione della scuola neoliberista, tutta la L. 107/15 è pervasa da questa ideologia. È certificato nero su bianco, in modo chiaro e senza alcuna ambiguità, anzi se ne fa vanto; è la scuola fondata sul lavoro, al servizio dell’impresa che deve produrre “capitale umano”.
l’originaria introduzione dell’esame di maturità da parte del ministro Gentile si proponeva una selezione molto rigorosa ed estremamente severa dei candidati di stampo molto classista, com’era tutto il sistema di istruzione dell’epoca, si è poi passati per una fase intermedia che consentiva una riduzione del classismo imposto dal periodo fascista pur mantenendo, grazie alla presenza di una commissione tutta esterna, una valutazione finale scrupolosa e trasparente; per finire ai giorni nostri con un esame sempre meno significativo e un peso sbilanciato sui crediti scolastici degli ultimi tre anni che generano le criticità che sono state sottolineate.
l’ERT pone l’accento sull’importanza di condizionare e influenzare l’istruzione per far si che essa risponda alle esigenze delle industrie e il suo scopo principale è di sottrarla “a quelle persone che non sembrano avere alcun dialogo, né comprensione dell’industria e del percorso necessario per raggiungere il progresso”[58] e ora l’ERT evidenzia con maggior forza la necessità di tutti gli europei di sottoporsi al processo di apprendimento lungo tutto la vita (life-long learning process) al fine di restare competitivi in un mercato del lavoro in costante rapida trasformazione accettando le ristrutturazioni necessarie per far fronte ad una feroce competizione globale.
La scuola italiana dal Regno Sabaudo alla scuola repubblicana fino agli anni ’90. Come cambia e come la stagione riformista appena accennata negli anni ’70 viene del tutto disattesa dall’autonomia scolastica voluta dal ministro Berlinguer.
L’autonomia scolastica realizza la scuola azienda distruggendo la scuola pubblica ARTICOLO 33L’ARTE E LA SCIENZA SONO LIBERE E LIBERO NE È L’INSEGNAMENTO.LA REPUBBLICA DETTA LE NORME GENERALI SULL’ISTRUZIONE ED ISTITUISCE … Continue reading TRENT’ANNI DI “RIFORME” NEOLIBERISTE CONTRO LA SCUOLA PUBBLICA
La qualità negata a scuola è da ricercare nel sistema neoliberista che attraverso l’autonomia scolastica l’ha trasformata in azienda tradendo il dettato costituzionale previsto dall’art. 3. La scuola oggi non rimuove gli ostacoli e non premia il merito.
Potrebbe essere che dibattere sui banchi monoposto dotati di rotelle sia utile per spostare l’attenzione dalle questioni vere, come la riapertura delle scuole in sicurezza a settembre; e potrebbe essere che far parlare di banchi-girelli serva anche a mascherare la scelta del ministero di esternalizzare la didattica ai colossi mondiali che hanno già messo le mani sull’istruzione pubblica pre-confezionando prodotti “didattici” omologanti che ingabbiano la libertà di insegnamento e annullano lo sviluppo del pensiero critico?
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