LA BATTAGLIA EPICA SULLA SCUOLA TRA “RIFORMISTI” E “GENTILIANI”

Riformisti e gentiliani si scontrano sulla scuola in una battaglia epica quotidiana sui social.

La scuola è nella morsa della più classica delle polarizzazioni che si consumano giornalmente sui social. Nel caso di specie tra “riformisti” e “gentiliani”.

I primi sono anche noti come “innovatori” o “democratici progressisti”, questi, in genere, raramente sono docenti, più spesso sono osservatori esterni, intellettuali o opinionisti; i secondi, al contrario, sono coloro che la scuola la fanno ogni giorno. Sono i docenti che vengono etichettati dai primi come “gentiliani” o, più prosaicamente, “conservatori”.

Secondo i primi, infatti, questi ultimi sono refrattari al cambiamento, ancorati ad un passato nostalgico che, sempre secondo i primi, in mancanza di argomenti validi si trincerano sovente dietro luoghi comuni, come “si stava meglio quando si stava peggio”, “ai miei tempi sì che si studiava e c’era rispetto per le istituzioni, ora invece…”

Ridotti a macchiette da avanspettacolo i docenti sono relegati ai margini di un dibattito pubblico esasperante che usa nei loro confronti il dileggio a mezzo stampa, mentre la loro voce viene smorzata senza possibilità di intervenire con le loro ragioni. Eppure nell’universo scuola lavorano quasi un milioni di docenti, è mai possibile pensare che siano tutti uguali? Cionondimeno essi vengono rappresentati come un unico blocco e tutti descritti come: anziani, demotivati, esauriti e scollegati, intellettualmente ed emotivamente, dagli studenti evidenziando sempre uno iato generazionale e comunicativo tra docenti e studenti.

L’incomunicabilità può anche esistere a volte, sarebbe persino fisiologico con i numeri riportati sopra. È pur vero però che è questo aspetto che viene sottolineato come rappresentativo dell’universo scuola e senza che vi siano mai aspetti positivi a fare da contraltare a questa retorica vuota. Il risultato è la delegittimazione di tutta la professione.

DILEGGIATI E DELEGITTIMATI LE VITTIME DIVENTANO CARNEFICI

Ecco, dunque, che la retorica imperante sui media ha riverberi anche pericolosi nella quotidianità di docenti e studenti, tuttavia, seppure ad essere in maggior numero – sempre crescente, purtroppo – gli episodi di aggressioni nei confronti dei docenti; questi, da vittime, come in un macabro gioco di mondo alla rovescia, finiscono per essere trasformati in carnefici proprio dai “riformisti” di cui sopra.

UNA NARRAZIONE CHE DISTRAE DA PROBLEMI A LUNGO TERMINE

Tuttavia, lo scontro sempre più acceso tra “riformisti” e “gentiliani” è funzionale anche per indirizzare il dibattito su questioni che, sebbene sicuramente gravi, potrebbero connotarsi come marginali e poco rilevanti nel senso che non determinano la condizione effettiva di tutte le scuole del Paese mentre, contemporaneamente, questo cicaleccio assordante copre ciò che dovrebbe fare più rumore, ossia un vero e proprio stravolgimento della funzione che la scuola ha nella società, della scuola come organo costituzionale che dovrebbe invece essere, per i principi espressi nella carta costituzionale, faro inossidabile e sempre attuali.

IL LICEO “ALBERTELLI” E IL “CURIEL”

Il clamore, dunque, suscitato dai più recenti episodi di cronaca, ha messo un po’ in ombra ciò che al contrario dovrebbe veramente interessare soprattutto genitori e studenti. I due casi più degni di nota di queste ultime settimane sono il primo, del 4 maggio u. s., relativo all’inedita presa di posizione del Consiglio di istituto del liceo classico romano “Albertelli” che, con grande senso di responsabilità e previa debita ricerca certosina, ha deliberato contro la “scuola 4.0” che si intende realizzare con i fondi del PNRR. Le motivazioni addotte sono un caso encomiabile perché dimostrano con chiarezza che la rinuncia di cospicui fondi deliberata è dovuta ad una seria e coscienziosa ragione pedagogica.

Infatti,

reperibile in rete

Ne consegue allora che non si tratta affatto di “luddisti” del nuovo millennio, come sono stati definiti da certi organi di stampa o dai sempre attivi “riformisti”, al contrario dopo anni di silenzio da parte degli organi collegiali della scuola, questa presa di posizione dimostra avvedutezza e consapevolezza da parte dei rappresentanti dei genitori, degli studenti e dei docenti. Basta leggere di seguito per averne chiara dimostrazione.

Altrettanto importante e anch’essa manifestazione di cui si era smarrita la memoria è la mozione del Collegio dei Docenti di un liceo di Padova, il “Curiel” che in data 18 maggio motiva la sua ferma contrarietà all’introduzione dei docenti tutor e orientatori nelle scuole con ragionamenti che, chi ha veramente a cuore la scuola della Costituzione, non può che condividere e ritenere ineccepibili.

reperibile in rete

LE MANI DELLE LOBBY DEGLI INDUSTRIALI SULLA SCUOLA

Questi due episodi appena citati evidenziano che gli organi democratici della scuola funzionano ancora quando i loro componenti si adoperano nella difesa di un’istituzione, che non può essere lasciata solo in mano di chi dalla scuola intende trarre profitto, come appunto le multinazionali del digitale, come le lobby degli industriali che con ammirevole tenacia si impegnano costantemente per trasformare l’uomo in capitale umano da sfruttare al meglio ai fini di un mercato del lavoro sempre più precario e che svaluta, loro sì, indubbiamente, le potenzialità umane, intellettive e creative di cui ogni individuo, giovane o anziano che sia, è portatore.

Proprio le lobby degli industriali con i loro organi di informazione, che ottengono sempre abbondante spazio sui maggiori media nazionali, spingono per raggiungere l’obiettivo a loro più caro: plagiare le nuove generazioni attraverso ciò che definiscono con lessico mistificatorio, lo sviluppo delle cosiddette competenze/abilità non cognitive; ovvero, usando l’ennesimo anglicismo: soft skill.

Si tratta in pratica di sviluppare e misurare aspetti caratteriali come: “estroversione, gradevolezza, coscienziosità, nevroticismo, apertura mentale”, secondo cui si ottengono migliori risultati nei voti conseguiti in classe, in materie come “matematica e tedesco”, perché, deduce il nostro, sono i docenti ad essere condizionati nell’attribuire i voti da queste caratteristiche personali degli studenti; mentre, continua, nelle prove standardizzate, poiché più oggettive, a suo parere, contano di più le abilità cognitive.

Tuttavia, uno studio condotto, negli Stati Uniti, per più di un decennio ha dimostrato che l’oggettività attribuita alle prove standardizzate non poggia su solide basi documentate, ha anche rilevato che non stimola maggiore impegno nello studio da parte degli studenti volto a superare le prove; men che meno ha dimostrato di rappresentare un elemento per predire il successo professionale o accademico di quegli studenti che hanno superato le prove brillantemente, infine, lo studio in questione, ha evidenziato che ancorare il conseguimento del diploma di scuole secondarie statunitensi al superamento delle prove standardizzate ha determinato un incremento significativo nell’abbandono scolastico.

Al contrario, si afferma, che solo un’attività didattica imperniata sullo studio sviluppa un apprendimento significativo:

Né tanto meno le prove standardizzate migliorano le prestazioni degli studenti, nemmeno per quelli più svantaggiati i destinatari principali individuati quando fu avviato il programma di tali prove negli anni ’90:

I “RIFORMISTI” SONO I VERI CONSERVATORI

Questa guerra combattuta quotidianamente non può non suscitare il dubbio che siano proprio i “riformisti” che, si scagliano contro i docenti, non vedano quale grande sostegno forniscono a chi la scuola vuole portarla indietro di almeno un secolo e che siano, invece loro quelli con la testa volta verso il passato quando la scuola era appannaggio di pochi e un privilegio di censo.

Al contrario chi la scuola ha davvero a cuore si batte per una scuola aperta e accessibile a tutti senza distinzione di censo e per tali ragioni si oppone alla vulgata mistificatoria che anziché aprire la scuola agli studenti nel rispetto degli artt. 2, 3 e 34 della Costituzione, la vogliono consegnare ai privati e soprattutto alle multinazionali della digitalizzazione che puntano ad annientare il pensiero critico e le conoscenze a favore di competenze utili a creare lavoratori asserviti e ubbidienti, capitale umano appunto.

© L. R. Capuana

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