Il docente “meritevole” che si affanna ad ottenere maggiori riconoscimenti è affetto dalla smania di carrierismo che mal si concilia con la funzione docente esplicitata nel CCNL.

Contrariamente a quanto si possa pensare il periodo estivo non rappresenta affatto una pausa effettiva dai discorsi in rete sulla scuola italiana; questo poi è l’anno dei docenti tutor e degli orientatori, quindi figurarsi se si smetterà di discuterne.
Giusto in questi giorni, infatti, sono iniziati i corsi per chi si è candidato volontariamente, o è stato candidato a sua insaputa (sic!) a questi nuovi incarichi strabilianti che cambieranno le sorti dei docenti che vorranno ricoprirli.
Dalle notizie che girano in rete continua a regnare grande confusione su queste nuove figure fermamente volute ed entusiasticamente annunciate dal ministro Valditara. Dalla stampa specialistica si apprende che nulla è ancora dato per certo e i docenti che stanno seguendo i corsi possono ancora tirarsi indietro e rinunciare definitivamente a svolgere questi incarichi.

Inoltre, pare che queste lezioni, di appena 15 minuti ciascuna, siano assurde, quando non addirittura offensive per la pochezza di contenuti, tra l’altro anche ripetitivi e già ampiamente noti a chi svolge questa professione da tempo, almeno secondo questo utente:

Dai commenti di tanti docenti che partecipano a varie discussioni su gruppi facebook, emerge un panorama abbastanza desolante in cui, pare, che la sindrome del carrierismo a scuola non stia risparmiando che pochi, davvero pochi.
Non tutti i docenti che hanno aderito all’ultima campagna acquisti, inoltre, sono disposti ad ammettere di essersi candidati per i soldi o per un riconoscimento ulteriore del loro operato; tanti si giustificano con la solita solfa del “lo faccio per i miei ragazzi, i soldi non mi interessano”, un concetto, questo, che si può tranquillamente classificare come ipocrita abnegazione o “virus del missionario” che non fa bene proprio ai ragazzi a cui si dovrebbe insegnare che il lavoro svolto deve essere adeguatamente retribuito.

I DOCENTI “MERITEVOLI”
Questa smania di sentirsi migliori dei docenti che si “limitano” ad insegnare e basta, quindi “meritevoli” di maggiore considerazione e un compenso economico più consistente, solleva svariate questioni che andrebbero affrontate una per una.
La prima riguarda senz’altro la funzione docente (artt. 26 del CCNL), se si legge con attenzione quanto previsto dal contratto collettivo nazionale del comparto scuola si comprende bene che il docente viene assunto per espletare questo lavoro e che chi si attiene al contratto che regola la propria situazione lavorativa con lo Stato non si “limita” ad insegnare e basta. Al contrario questi assolve (con onore e disciplina) a quanto previsto per legge. Il docente viene assunto per insegnare e non per fare lavoro amministrativo.
E qui si deve affrontare la seconda delle questioni che vengono sollevate, ovvero è davvero possibile fare altro rispetto all’insegnamento se si rispettano gli obblighi previsti dall’articolo 29?
Al contrario, sorge il legittimo dubbio che chi si assume incarichi aggiuntivi, per i quali viene retribuito a parte, possa effettivamente svolgere il proprio lavoro, quello per cui è stato assunto, adeguatamente; difficile crederlo, a meno che non si rinunci a qualcosa; a stare in classe, appunto.
Va sottolineato, inoltre, che queste attività non possono affatto, come molti sostengono, essere catalogate quale lavoro sommerso. In quanto, previste dal contratto collettivo nazionale, è tutto ben chiaro e alla luce del sole. Semmai è proprio in relazione a queste attività obbligatorie e che esulano dalla lezione svolta in classe che si deve reclamare un aumento salariale.
NON SIAMO IMPIEGATI
Il lavoro del docente si configura come lavoro intellettuale che non conosce, quindi, orari pertanto non assimilabile a quello impiegatizio, per cui ad una certa ora si conclude e si lascia l’ufficio; il cervello si ha la brutta abitudine di portarselo sempre dietro, in genere. Dunque, proprio perché si tratta di lavoro non quantificabile e oggettivamente non verificabile qualsiasi aumento non terrà mai conto effettivamente dell’impegno profuso.
INSEGNARE NON SIGNIFICA “LIMITARSI” A STARE IN CLASSE
Ma c’è una terza questione che non viene quasi mai segnalata, chi si affanna ad accumulare attività aggiuntive, lamentandosi per altro della scarsa retribuzione riconosciuta, sta anche affermando surrettiziamente che il lavoro amministrativo, o come preferiscono dire: manageriale, è di gran lunga più importante dell’attività di insegnamento. Non a caso questi sostengono la tesi, secondo cui, chi lavora di più ha diritto ad un riconoscimento economico più significativo e ad un ruolo di maggior rilievo.
Ma come si stabilisce che, di fatto, questi lavorano di più e con rendimenti migliori, rispetto a quanto previsto dal profilo docente come esplicitato nell’art. 27, di cui sopra? Semmai invece verrebbe da chiedersi perché non abbiano fatto il concorso per essere assunti come ATA, oltretutto assumendo questi incarichi si toglie lavoro proprio agli ATA che, ovviamente, sono quasi sempre sottodimensionati.
A furia di considerare solo gli interessi personali questi aspetti sfuggono ai più e danneggiano tutti, compresi gli ATA.
© L. R. Capuana
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