PLATONE E’ PER DOMANI? di A. Salerno – Letture estive

A. Salerno, Platone è per domani? – Cronache scolastiche del XXI secolo, Algra editore – Catania, 2023. Pp. 156, €14,00.

Mi piace il libro di Alessandro Salerno sulla scuola, la scrittura è lieve, solo apparentemente. In realtà si tratta di un libro serissimo che racconta come si fa scuola veramente e nonostante gli infaticabili sforzi di chi vorrebbe che si facesse in modo diverso, nonostante il costante dileggio riservato da più parti ai docenti.

La lettura di questo libro è godibilissima per l’ironia che vi serpeggia pur affrontando temi serissimi come il progressivo impoverimento della scuola italiana messa in atto dalla politica negli ultimi trent’anni. Salerno indica tutti i responsabili e i complici di questa operazione, inclusi certi pedagogisti, opinionisti e tutto il circo degli interessi privati che sulla scuola pubblica statale brama per poter metterci le mani sopra.

Il tono, dunque, è appunto ironico, la sostanza tagliente.  

È, al tempo stesso, un elogio della relazione docente-discente e, soprattutto della lezione frontale (che non è quella che si faceva negli anni cinquanta, come a qualcuno fa comodo ripetere come un disco rotto), che attraverso quella relazione si realizza e concretizza con tutti gli studenti di una classe. È anche un elogio della classe come gruppo composito.

Salerno, inoltre, come ogni docente che ama la propria materia la fa gustare e apprezzare alla classe grazie proprio all’ormai vituperata lezione frontale che è una grande rappresentazione teatrale che si rinnova in ogni classe diversa e che tutti i giorni si modifica perché non ci saranno mai due lezioni identiche nemmeno se l’argomento trattato è lo stesso perché, molto semplicemente, gli attori sono sempre diversi, anche da un giorno all’altro.

Mi sono riconosciuta in ogni pagina di questo libro come docente e, per quanto strano possa sembrare, anche come studentessa perché quella descritta da Salerno è anche la scuola che ha formato me, che mi ha dato gli strumenti per diventare adulta ed emanciparmi come persona. È anche il ricordo della scuola che ho frequentato, che mi ha affascinata, che ho amato da ragazza e che mi sforzo di replicare da docente sperando di riuscirci trasmettendo ai miei studenti il mio entusiasmo per la materia che insegno, la mia passione inesauribile per il sapere.

Salerno ha anche il dono della narrazione, sa raccontare e le descrizioni delle sue lezioni sono vivide, sembra di essere in classe con lui tra i banchi e viene invidia per i suoi studenti.

Ma Platone è per domani? potrebbe, dovrebbe, diventare libro di testo per la formazione degli aspiranti docenti; vale centinaia di CFU perché mostra attraverso il racconto come deve essere un docente e, soprattutto, come non essere, per intraprendere questa professione.

È un testo che delinea la lezione migliore e mette in guardia contro i pericoli sempre più concreti di come si vuole trasformare la scuola, mentre espone che chiarezza come è già stata ridotta in questi anni e nonostante la resistenza opposta da molti di noi. Ma mai abbastanza per contrastare la deriva in atto.

Molte, moltissime le pagine di cui serbare gelosamente il ricordo per trovare ancora la forza per resistere affinché questo possa continuare ad essere il più bel lavoro del mondo.

Riporto qui alcuni brani presi a caso perché se dovessi scegliere riporterei tutto il libro.

Non ricordo più dove ho sentito dire che chi insegna alla scuola dell’infanzia e alla primaria ama i bambini, chi insegna alla secondaria ama le discipline, chi insegna all’università ama se stesso. Sarebbe bello riunire in sé tutti e tre gli amori. L’insegnante ideale è forse quello che ama gli studenti, ciò che insegna e anche se stesso. Amare la disciplina è chiaro. (…) Che la  passione sia ancora viva in tutti è un altro discorso, ma che ci sia stato almeno un flirt è scontato.

Amare gli studenti è una parola. Che vuol dire? Si presentano collettivamente, tu dovresti amarli uno per uno. Come puoi pensare che pensino che li ami, se ancora a novembre confondi Elvira con Tecla, se ti rendi contro di aver dimenticato i nomi di alcuni di loro al rientro dalle vacanze natalizie? (…) I ragazzi (…) Ce l’hanno con gli adulti. E quindi con te, rappresentante ufficiale degli adulti, pagato in quanto adulto, messo lì, in teoria, per contribuire a farli diventare adulti. Sei, ma solo ai loro occhi, un adulto al quadrato: roba da vomito. Anche se li hai conquistati, non possono farti esplicitamente alcun complimento: nessuno di loro sgomita per essere iscritto nella lista dei leccaculo. Lo devi intuire se ti vogliono bene: dal silenzio quando entri in classe (se è rispetto e di attesa carica di aspettative), dalle domande che pongono, dalle serie Netflix che ti suggeriscono.

Ti dici che tu li ami se cerchi di fare bene il tuo lavoro. Ma questo lavoro lo fai bene per uno e male per un altro. Quella che è una carezza per Mario è un pugno per Simone. La faccenda è molto complessa.

   

(pp. 63-64)

Il capitolo “Brave New School” è raggelante nella sua descrizione realistica dell’oggi e nella sua visione distopica di un futuro, ahimè che si profila, non troppo lontano, purtroppo; vediamo in che modo:

(…) Passano gli anni e la didattica dei mille progetti ha preso il sopravvento. I ragazzi trascorrono sempre più tempo a scuola. Alla fine delle lezioni in tanti non corrono liberi verso l’uscita, ma sostano sulle scale tra un piano e l’altro sbocconcellando un panino. Alle 14:30 hanno il corso d’inglese, poi quello di educazione alimentare. Alcuni portano le chitarre, c’è l’aula di musica con un maestro che li dirige; alcuni si dedicano al bridge, nell’aula accanto il counselor e lo psicologo, in quella in fondo prove teatrali. Attività molto varie, di livello diseguale (…). Il punto è che avviene tutto all’interno delle mura scolastiche. Il contenitore non cambia mai. (…) fuori (…), un ambiente ostile e pericoloso da cui i ragazzi vanno protetti. Molti di loro entrano alle 8 ed escono alle 18, tornano a casa, ripassano qualcosa per l’indomani e l’indomani si ricomincia.

Temo che la scuola stia diventando la caverna che ti imprigiona lì dove sei e da cui mai si esce. I contenuti sono sempre più semplificati, la fatica alleviata. Il docente non indica più una meta lontana da raggiungere passo dopo passo. Non spezziamo catene, facciamo massaggi agli incatenati; né sproniamo a dure scalate verso una realtà più luminosa, proiettiamo ombre fugaci: ognuno si scelga quella che piace di più e ascolti gli echi di voci più gradevoli e stia buono.

Tempo fa ho fatto un incubo: arriva una denuncia a scuola, veniva inviata un’ispezione ministeriale (…). Dopo l’ingresso i ragazzi possono scegliere liberamente in quale locale recarsi, ovviamente rispettando la programmazione personalizzata da loro stessi elaborato a inizio anno attraverso la compilazione di un form molto ricco e articolato. I più alle prime ore si indirizzano verso la palestra, dotata di tutti i comfort, compresa una bella sauna, ma un sistema elettronico impedisce l’eccessiva presenza di studenti (…). Molti altri si recano nei laboratori scientifici, dove si può essere sottoposti a esperimenti di vario genere (si segnala che di recente è stata rinnovata l’assicurazione, comprendendo una più ampia gamma di copertura dei rischi, incluso quello di contrarre malattie rare), altri ancora optano per la sala delle videoproiezioni, altri per quella delle illusioni ottiche. Non pochi si recano nella cappella interreligiosa, anche se per la normativa sulla privacy non mi è consentito specificare che culti vi si pratichino.

(…) Chi utilizza la saletta privata sa che sarà videoripreso e in questo modo contribuirà ad un imponente studio sulla sessualità giovanile condotto da una multinazionale nel settore della contraccezione in collaborazione con le locali facoltà di scienze biologiche e scienze della comunicazione. Si tratta dunque non di semplice attività di svago ma di vera e propria partecipazione a una ricerca scientifica, che giustamente consente agli alunni di guadagnare molti crediti (…). Il successo formativo degli alunni è assolutamente garantito. (…) La frequenza raggiunge percentuali impensabili nella scuola pre-riforma (…); non esiste più il problema degli ingressi in ritardo o delle uscite anticipate; (…) Per quanto riguarda il Bilancio della Scuola sono confermate le note dei Revisori Ordinari dei Conti. Il bilancio è in attivo nonostante gli ingenti investimenti realizzati per la terza pista della Discoteca d’Istituto. Ciò è stato possibile grazie al completamento anticipato del Piano Nazionale di Smaltimento del Personale Docente. (…).

(pp. 81-86)

Lo “smaltimento del personale docente” è un’espressione tragica quanto calzante, infatti nella scuola che si vorrebbe realizzare quanto prima il docente viene raffigurato come obsoleto, figura diventata inutile, un ostacolo che va eliminato, rigettato e quindi è da smaltire. 

http://www.wikipedia.org

Il capitolo dal titolo “La scuola d’Atene” (pp. 139-148) vale milioni di lesson plan ora richiesti per superare il concorso, consiglio vivamente di leggere queste pagine per la loro infinita bellezza e chiudo questa carrellata di citazioni con un’ultima che mi pare necessario tenere a mente:

Non sempre riusciamo a immergerci così intensamente nella bellezza delle forme e dei contenuti. Il percorso per giungere in alto è costellato di cadute ed erramenti. Quando in classe ci prende qualche momento di sconforto, quando ogni cosa appare così complicata, se l’argomento è particolarmente ostico, quando qualcuno sembra smarrirsi e non intende ritrovarsi, quando la stanchezza pare avere la meglio sulla fiducia, appena qualcuno dice che non ce la fa, richiamo l’antica massima greca che si trova più volte negli scritti platonici. E presto diviene il nostro mantra: “Difficili le cose belle”. Anche Democrito rendi il concetto in forma lapidaria: “Le cose belle si conoscono tramite l’istruzione a prezzo di fatiche, mentre le cose turpi si ottengono da sé spontaneamente, senza fatica”

(p. 149)

Il libro è facilmente acquistabile online.

© L. R. Capuana

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