Pubblicato già il 26 giugno 2015 ripropongo questo pezzo perché mi sembra fin troppo attuale e utile per un bilancio di quanto accaduto nell’anno scolastico appena terminato.
Il governo ostinatamente prosegue per la sua strada e la questione di fiducia sul disegno di legge sulla scuola posta in Senato ieri (ndr. 25 giugno 2015) passa. Passa con 159 voti a favore e 112 contrari con una differenza di 47 voti.
Non sono bastati gli scioperi, ad onor di cronaca molto partecipato solo quello del 5 maggio che però è stato espressione fortissima del dissenso degli addetti ai lavori, oltre l’80% di adesioni. Non sono bastati i flash mob, i presidi, appelli sui social network, proteste ad oltranza da mesi. Nulla.

Forse si sarebbe potuto fare di più.
Con il pietoso ricatto delle centomila assunzioni il nuovo PD porta a casa la vittoria ottenuta in Senato con voto di fiducia su un tema come quello della scuola che avrebbe dovuto vedere coinvolto l’intero paese e così invece non è stato.
LO SCANDALO DELLA “BUONA SCUOLA”
Ma lo scandalo di questo provvedimento non è stato ben chiarito, a mio parere. In tutti i contesti in cui si è manifestato il dissenso dei docenti ci si è concentrati troppo sui danni che avrebbe subito la categoria docenti e non si è spiegato a dovere che i danni maggiori li subiranno gli studenti, tutti gli studenti – dalla scuola elementare a quelli della scuola superiore – nessuno escluso. Non si è spiegato bene che il DDL non ha lo scopo di migliorare la qualità dell’istruzione pubblica, anzi ha lo scopo inequivocabile di creare ulteriori disuguaglianze sociali e la eliminazione complessiva del diritto allo studio sancito dalla Costituzione. Esso rappresenta un danno incalcolabile per la democrazia ed il futuro sviluppo socio-economico e culturale per l’intero Paese, danno che sarà possibile quantificare solo negli anni a venire.
GLI STRUMENTI CULTURALI
La classe docente continuerà a lottare e anche se questa legge sarà applicata molti docenti, proprio perché appartenenti a quella classe sociale istruita e dotata degli strumenti intellettuali necessari, potrà sempre riciclarsi in altri settori, i docenti, in fin dei conti hanno le risorse culturali per reagire e trovare nuove strade e nuove realizzazioni professionali. Perciò ritengo che il maggior errore compiuto in questi mesi di lotta è stato quello di non riuscire a trasmettere all’esterno della categoria che il dramma del futuro imposto da questa nuova legge si abbatterà tutto addosso a famiglie e studenti, a quelle famiglie e a quegli studenti che oggi più che mai dovrebbero battersi con i denti e con le unghie nella difesa indefessa di un’istruzione PUBBLICA come sancito dal diritto Costituzionale allo studio. Quelle famiglie e quegli studenti che ancora oggi dovrebbero vedere nella PUBBLICA istruzione un mezzo per la propria emancipazione dal bisogno, uno strumento di riscatto e mobilità sociale. Perché oltre questo baluardo non ce n’è più alcuno e perché l’obbligo scolastico è ancora l’unica arma che hanno a disposizione per non soccombere allo stato di servitù.
L’OBBLIGO SCOLASTICO TUTELA IL DIRITTO ALLO STUDIO
L’obbligo scolastico è a tutela dei minori, obbliga Stato e famiglie a garantire un’istruzione di base a tutti i bambini e i giovani fino all’età di sedici anni. Il diritto allo studio impone l’obbligo allo Stato di garantire un buon livello scolastico in tutta la nazione. Lo Stato deve farsene carico mettendo ogni istituzione scolastica in condizione di espletare i propri obblighi nei confronti di tutta la cittadinanza senza alcuna differenza. L’obbligo è finalizzato a costringere anche quelle famiglie che riterrebbero più conveniente e utile mandare i propri figli a lavorare fin dalla più tenera età anziché mandarli a scuola perché la scuola, in certi ambienti, è percepita come un peso, un onere economico difficile da sostenere e, potendo, manderebbero i propri figli a guadagnarsi la giornata per contribuire al mantenimento di una famiglia che non ha gli strumenti culturali né socio-economici per favorire l’istruzione della propria prole, tanto è cosa da ricchi.
IL DIRITTO ALLO STUDIO NEGATO
“Trasformare i sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può fare” Pietro Calamandrei
Nel prossimo futuro sarà davvero cosa da ricchi. Aprire le istituzioni scolastiche agli investimenti privati sortirà esattamente questo effetto, come ho già scritto in un articolo che si può trovare al seguente link. Costituire un fondo statale per equiparare i mancati investimenti privati per quelle scuole che insistono in zone disastrate del paese dove non ci sono investimenti privati di alcun tipo, servirà solo a rendere più evidente lo squilibrio di una nazione già fortemente divisa tra un nord ricco e industrializzato e un sud sempre più emarginato che arranca e che viene vissuto come una zavorra di cui liberarsi, un sud ritenuto colpevole di un sottosviluppo che in molti, al nord, ritengono sia arrivata l’ora di smettere di mantenere.
Nel prossimo futuro la competizione tra scuole di alta qualità e quelle mediocri se non pessime sarà sempre più impari; la competizione tra studenti dei vari istituti, delle varie classi sarà sempre più simile ad una guerra spietata; la competizione tra dirigenti e docenti sarà sempre più senza esclusione di colpi. Ogni scuola creerà delle vetrine ad hoc per mettere in vendita i migliori percorsi scolastici, i migliori servizi, i migliori prodotti. La spinta ad apparire sempre più all’avanguardia, innovativi, efficienti e competitivi farà dimenticare a tutti, studenti, famiglie e docenti che non è l’apparenza in vetrina che conta bensì la sostanza delle cose. Si può anche frequentare la scuola più alla moda, con una mirabolante offerta formativa (POF) fatta di infiniti progetti e ricca di attività extracurriculari ma se uno studente non segue la propria indole, non persegue i propri sogni e le proprie aspirazioni e invece si adatta a rincorrere gli standard di qualità imposti da chi ha interessi reconditi, bene quello studente otterrà pure ottimi voti, effettuerà anche ottime prestazioni ma avrà tradito se stesso e il proprio futuro.

LA SCUOLA NON DEVE ESSERE FUNZIONALE AL LAVORO MA UN SERVIZIO AGLI STUDENTI
La scuola dovrebbe fornire gli strumenti ai suoi discenti per capire quale potrebbero essere le loro strade in futuro, la scuola non è e non deve essere funzionale al lavoro. La scuola è una tappa nella vita di ciascuno di noi che serve a far conoscere meglio agli studenti quali sono le loro aspettative e aspirazioni per il futuro, quale percorso di studi seguire dopo la scuola o se invece si preferisce entrare nel mondo del lavoro il prima possibile. Le discipline di cultura generale presenti in ogni indirizzo di studio superiore servono proprio a dare l’opportunità a ciascun discente di entrare a contatto, familiarizzare appena con quelli che potrebbero essere gli sviluppi successivi a vari approfondimenti di una scelta piuttosto che un’altra. La scuola offre un’idea, dà la possibilità di sbirciare tra le pieghe di ciò che potrebbe rappresentare lo studio universitario di materie scientifiche con i vari sbocchi professionali loro connessi o viceversa quelli umanistici.
La scuola è una palestra di vita dove ogni alunno si confronta con se stesso e con i suoi pari, si mette in relazione con docenti e con un ambiente variegato in cui si apprendono e si praticano regole di convivenza civile, si impara che ogni diritto segue ad un dovere assolto, si impara ad avere rispetto per se stessi rispettando gli altri, si impara a costruire la propria autostima in relazione con gli altri; non sempre si tratta di rapporti idilliaci, a volte bisogna negoziare e accettare compromessi; esattamente come accade nella vita, con la differenza che a scuola si può avere un’altra occasione, c’è tempo per sbagliare e rimediare, nella vita, fuori in quella vera, non sempre si hanno tante occasioni, spesso se ne ha una soltanto.
La scuola deve offrire un’istruzione di buona qualità a tutti i giovani cittadini di domani. Ma dopo la L. 107/15 tutto ciò sarà sparito, ridotto in cenere per le smanie del potere politico di assecondare e favorire gli interessi di gruppi di pressione dette Lobby che da più di trent’anni hanno messo gli occhi sulla scuola perché hanno compreso perfettamente che la loro ricchezza dipende dal tipo di scuola che un Paese si dà. L’articolo di Roberto Calogiuri che potete trovare a questo link spiega bene quali sono gli appetiti che gravitano famelici e rapaci attorno all’istruzione, organismi come l’OCSE-PISA, che in Italia ha il suo corrispettivo nell’associazione TREELLE, sono composti ai vertici da amministratori delegati di multinazionali industriali con un potere economico facente capo anche ai grandi gruppi finanziari quali banche e assicurazioni.
SODALIZIO TRA POTERE ECONOMICO E POLITICA

Un potere economico che esercita un’abnorme pressione politica come si è già visto con gli ultimi provvedimenti del governo italiano. Un governo che ha sottomesso un parlamento di nominati a sostenere leggi che indeboliscono una democrazia già fortemente compromessa – vedi riforma del Senato, nuova legge elettorale e jobs act –, e in dirittura di arrivo ci sarà presto anche il riordino della Pubblica Amministrazione che persegue lo stesso pensiero unico, la privatizzazione del settore pubblico in blocco e l’aziendalizzazione dello Stato in toto, come dimostra la dichiarazione della Consulta secondo cui, i cittadini dovranno rassegnarsi a pagare un costo più alto per ottenere servizi nonostante una pressione fiscale ormai insostenibile. Ma c’è anche il TTIP, un negoziato commerciale che vuole creare un accordo tra Europa e USA sbilanciato tutto a favore dei colossi agro-alimentari statunitensi e di cui i mass media, ancora una volta complici, non dicono assolutamente nulla.
Tutto ciò chiarisce che la lotta per difendere il sistema d’istruzione pubblico non può non tenere conto di un disegno molto più ampio che coinvolge tutti i cittadini italiani e riguarda il bene comune e l’interesse generale perciò è essenziale d’ora in poi unire le forze e dare sostegno ad ogni categoria in difficoltà sia nel pubblico sia nel privato, la lotta deve essere condivisa e politica attraverso un nuovo soggetto politico perché la posta in gioco è troppo alta.
La posta in gioco è la difesa dei valori democratici, la difesa della libertà e della dignità umana
© L. R. Capuana
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